F1 in crisi, Gian Carlo Minardi non ha dubbi: Bisogna riscrivere le regole!
Canada, Francia, Austria. Sono stati tre Gp cruciali non solo di questo primo capitolo del Mondiale 2019 ma soprattutto per le dinamiche che governano l’attuale F1. Tre gare vinte da Lewis Hamilton (in Canada e Francia) e da Max Verstappen (Austria) nel segno delle polemiche per come l’andamento degli eventi ha poi determinato il risultato finale.
Soprattutto per quel che riguarda le piste di Montréal e Red Bull Ring dove, sostanzialmente, l’esito del Gp è stato deciso a tavolino. In Francia, invece, la vittoria di Hamilton non è mai apparsa minimamente in discussione ma, a far parlare molto, è stata invece la penalità inflitta a Daniel Ricciardo durante la grintosa lotta per il settimo posto con Raikkonen e Norris.
In Canada e Austria forti dubbi hanno avvolto la decisione di attribuire il successo finale rispettivamente ad Hamilton e Verstappen a seguito di due manovre, una sanzionata e l’altra no, di Vettel e dello stesso talento olandese. Interpretazioni piuttosto discutibili a distanza di poco tempo che, osservando i due episodi-chiave di entrambe le gare, difficilmente si riesce ad accettare senza intravedere un doppiopesismo di fondo. Ma che, al di là di questo, testimoniano una F1 pericolosamente ammorbata dagli effetti dei suoi cavilli regolamentari al limite della paranoia, in preda alla confusione e che impongono un cambiamento serio e radicale innanzitutto delle regole del gioco di natura agonistica. Ad intervenire su questo che è il tema più attuale e scottante della F1, da cui proabilmente dipenderà il futuro e la credibilità di questo sport, è una voce molto autorevole. Quella di Gian Carlo Minardi.
L’ex apprezzato costruttore faentino, consulente di Aci Sport e, di recente, protagonista al Motorshow 2Mari ha espresso la sua valutazione su quanto sta accadendo su www.minardi.it: “Gli episodi di Canada, Francia e Austria sono molto diversi tra loro. Anche se a volte impopolari, le decisioni e le penalità inflitte ai piloti dai commissari sono dettate da regole e, soprattutto, da linee guida precise scritte da Charlie Whiting e approvate da tutti, piloti compresi. Non dimentichiamoci che, diversamente da quanto succedeva fino a qualche anno fa, i commissari hanno a disposizione in tempo reale la telemetria di tutti i piloti. Pertanto possono analizzare il comportamento di ciascuno in qualsiasi situazione e capire cosa li abbia condotti a commettere un errore o un’eventuale scorrettezza”.
Minardi ha poi gradito che “in Austria i commissari abbiano deciso di sentire la versione dei due piloti prima di convalidare il risultato finale. A Montreal sarebbe stato corretto procedere nel medesimo modo, anche se resto convinto che il risultato non sarebbe cambiato”. Infine, nel delineare il percorso presente-futuro della F1, ha anch’egli puntato su obiettivi che preservano la natura dello sport motoristico: “Resto dell’idea che il punto di forza della Formula 1 sia la possibilità di lottare in pista e la sfida tra Leclerc e Verstappen ne è un esempio lampante. I due ragazzi ci hanno fatto divertire ed emozionare regalandoci una corsa molto divertente. Sono convinto che abbiamo assistito solamente al primo capito di una sfida esaltante.
Per tanto è arrivato il momento di rivedere e riscrivere completamente queste regole, anche a seguito della scomparsa di Whiting”. Di certo la F1 è arrivata ad un bivio. Una sorta di punto di non ritorno dopo quanto accaduto nel mese di giugno. Per quanto ci riguarda, ribadiamo che o si cambia o si rischia di morire. Cambiare con regole chiare ma non cavillose che vanno ad impattare su ogni minima interpretazione del pilota dei momenti più concitati della gara, e soprattutto della lotta per la posizione. In sostanza si invocano paletti chiari fondati su generali norme comportamentali di sicurezza e correttezza ma che lasciano libera la sana battaglia tra i drivers. E proprio chi si cala nell’abitacolo dev’essere coinvolto attivamente nelle riscrittura del regolamento.
Perché sono i piloti i diretti protagonisti dello show. Sono coloro che guidano, che rischiano e che conoscono meglio di chiunque altro le dinamiche agonistiche principali che caratterizzano un Gp. Molto di più rispetto a chi elabora le norme di comportamento in pista seduto comodamente attorno ad un tavolo di ufficio. La protezione del pilota non deve, infatti, diventare un’ossessione che genera paranoie e scelte cervellotiche (come lo sono state soprattutto in Canada e Austria). Bensì un’esigenza, civile prima ancora che sportiva, da migliorare sempre di più senza snaturare l’essenza primaria di ogni sport, rappresentata da competizione e agonismo. Altrimenti meglio chiudere la fiera e andare a casa. Farebbe più onore a chi sta gestendo il giocattolo.