Era il 20 marzo 2017 quando pubblicavamo l’articolo dal titolo“Alla ricerca dell’effetto suolo: esasperiamo le già bellissime F1 2017“. Un articolo quasi “profetico”. Nel 2021, tutto ciò può divenire realtà.
La FIA e i costruttori stanno iniziando a delineare quello che sarà il Regolamento Tecnico Formula 1 2021. Un regolamento il quale, tra proposte assai positive ed altre non completamente a fuoco e poco auspicabili, palesa contraddizioni, una velata (ma neanche tanto) voglia di uniformare ancor di più le linee e le soluzioni tecniche delle future monoposto di F1 e, soprattutto, ragioni d’essere che, di certo, sminuiscono il valore ed il concetto stesso di “Formula 1”.
Il tarlo di fondo che caratterizza la nascita delle vetture F1 2021 risiede, ancora una volta, nel voler inseguire il cosiddetto, sedicente “spettacolo”. Gradualmente ma inesorabilmente, la Formula 1 è passata dall’avere regolamenti tecnici indirizzati prettamente verso la ricerca e la massima libertà progettuale allo stilare norme tecniche le quali, al contrario, assopiscono la varietà tecnica in nome dello “spettacolo”, dei duelli, della conta dei “sorpassi”, della fantomatica (e, ovviamente, mai concretizzata) riduzione dei costi. In passato, il regolamento tecnico non si prefiggeva di disegnare le forme delle vetture, bensì sanciva quei paletti all’interno dei quali i tecnici progettisti potessero esprimere diverse soluzioni e interpretazioni. Lo “spettacolo” — inteso come lotta in pista, duelli, competizione tra piloti e costruttori nell’accezione più ampia e nobile del termine — era una normale, logica, ovvia, scontata, persino secondaria conseguenza dei regolamenti tecnici, fatti per esaltare tecnici progettisti e piloti. Oggi, invece, la ricerca ossessionante dello “spettacolo” è il fine ultimo dei regolamenti tecnici.
Oggi (ma non da oggi), pertanto, il legislatore è sempre più parte attiva nel delineare le forme e i concetti tecnici che debbono identificare e qualificare una vettura di F1. Le bozze della futura F1 2021 ne sono la prova: è la FIA, infatti, a stabilire e programmare le linee ed i concetti tecnici di massima che obbligatoriamente dovranno caratterizzare le prossime monoposto di F1. Una rivoluzione (o meglio, involuzione) concettuale la quale, tuttavia, non solo snatura il concetto di Formula 1 ma farà sì che le vetture partorite nel e dal 2021 saranno, al livello tecnico ed estetico, ancor più standardizzate di quelle odierne (dal 2017, ad esempio, la FIA impone le forme di massima di ala anteriore e posteriore, così come l’orientamento a freccia positiva delle fiancate. E anche la disposizione del singolo scarico, dal 2014, è stata uniformata). Alle già delineate linee di massima “imposte” dalla FIA e dai suoi consulenti, andranno verosimilmente aggiunte quelle componenti in comune che, se avallate, renderanno le monoposto di F1 un surrogato del monomarca IndyCar.
La FIA, inoltre, accenna ad un fumoso, ideologico e concettualmente dannoso “reducing the performance gap”. In che modo? Mediante interventi di “socialismo racing” finalizzati, secondo gli intenti dei legislatori, a ridurre il gap prestazionale tra le varie vetture, a ridurre i costi, quindi a rendere i GP più appassionanti. La FIA, infatti, considera gli attuali distacchi tra le migliori vetture e, ad esempio, le non competitive Williams, troppo abbondanti (dimenticando che è la Williams ad andare particolarmente piano e che, negli anni ruggenti della F1, i distacchi di 2, 3 secondi e più tra il primo ed il 5° — non l’ultimo! — erano all’ordine del giorno…). Secondo la FIA, quindi, occorre, “per regolamento”, che i distacchi siano contenuti. Demagogia allo stato puro. Si parla di semplificazione del sistema di alimentazione del carburante, radiatori meno complessi, cerchi standardizzati ed unificati, messa al bando di sospensioni idrauliche, restrizioni circa l’uso di particolari materiali, equipaggiamenti standard per tutti i team, congelamento delle specifiche del cambio per 5 anni. Insomma, una Formula 1 ancor più snaturata, sempre più orientata a divenire un monomarca: una sorta di Formula 4, di Formula 2, IndyCar o di Formula E, categorie in cui, a differenziare le auto, vi sono solo gli adesivi e le livree.
Le norme tecniche di massima che entreranno in vigore nel 2021, pertanto, dovranno favorire lo “spettacolo”, grazie a vetture in grado di stare in scia, quindi le une più vicine alle altre. Auto più vicine, ossia duelli più ravvicinati.
Le prime indicazioni circa le forme ed i concetti delle vetture F1 2021 raccontano dell’ennesima, positiva marcia indietro effettuata dai legislatori della FIA nell’ultimo decennio. Nel 2009, le F1 riabbracciavano gli pneumatici slick dopo undici stagioni agonistiche di orrende gomme scanalate. Nel 2017, infine, si ritornava a vetture larghe 2 metri (era dal 1997; dal 1998 al 2016, infatti, le F1 presentavano una larghezza massima pari a 1800 mm) e a pneumatici posteriori “extra large” (nello specifico, si tratta di 405/670 se slick, 405/680 se da bagnato), dimensioni, cioè, non più in uso dal 1992. I nuovi profili estrattori introdotti nel 2017, più efficienti grazie a dimensioni maggiorate, costituiscono un ulteriore ripensamento che, al contempo, guarda al passato e manda in soffitta anni di demagogiche, antipatiche limitazioni attorno a questo indispensabile dispositivo aerodinamico.
Il principale tema tecnico attorno al quale ruotano i dibattiti e le disamine di queste ore, di questi giorni è, senza dubbio, il ritorno all’effetto suolo. O meglio: il ritorno ad un più marcato effetto suolo (giacché l’effetto suolo c’è anche sulle attuali auto di F1), ossia la realizzazione di carico deportante mediante il fondo vettura.
La Formula 1, dunque, tornerà a contemplare i proverbiali, canonici tunnel Venturi posti sotto le fiancate. Questa nota configurazione aerodinamica qualificava le cosiddette wing-car, monoposto di F1 in uso a partire dalla fine degli Anni ’70 (le prime wing-car compiutamente intese sono state le Lotus 78 e 79) e sino al 1982. I concetti di effetto suolo e wing-car si diffondevano ben presto anche in altre realtà motoristiche, dall’Europa alle vetture USAC-CART, passando per i Prototipi a ruote coperte. Nel 1983, la Formula 1 abbandonava le wing-car e le minigonne (mobili sino al 1980, definitivamente fisse nel 1982), introducendo il cosiddetto fondo piatto. Nel tentativo di ripristinare le precedenti condizioni di deportanza, i tecnici progettisti facevano ricorso a profili alari sempre più generosi e numerosi, ad una sezione di passaggio tra fondo e suolo sempre più ristretta e alla introduzione del profilo estrattore posteriore (o diffusore), dispositivo aerodinamico essenziale nel ripristinare quanto più possibile le condizioni di depressione (e quindi di downforce) realizzabili mediante autentici condotti Venturi.
Generare downforce mediante effetto suolo non solo riduce la necessità di ricorrere a grandi superfici alari, ma riduce anche il negativo effetto scia. Attualmente, secondo i dati diffusi dalla FIA, una monoposto di F1 — quando alle spalle di un’altra vettura — perde sino al 45%-50% del proprio carico aerodinamico. Le simulazioni in ottica 2021, invece, circoscrivono la perdita di carico al 5%-10%. La vettura inseguitrice, pertanto, agisce in zona di aria più pulita.
Le monoposto di F1 2021, quindi, presenteranno nuovamente lunghi tunnel Venturi ricavati sotto le pance laterali. In questa zona — tra fondo vettura e suolo — si instaurano tanto il picco di depressione (in corrispondenza della strozza, ossia il punto immediatamente precedente alla diffusione del fluido; l’aria, accelerata tra suolo e fondo, genera un campo di bassa pressione) quanto il graduale ripristino (ma pur sempre parziale) della pressione (a valle dei tunnel Venturi), condizioni che realizzano un effetto suolo ottimale. La sezione d’uscita dei tunnel Venturi presenterà, inoltre, dimensioni maggiori rispetto a quelle che caratterizzano gli attuali diffusori. A riguardo, ricordiamo che la portata d’aria di un Venturi è data dalla sua sezione d’uscita: motivo per cui un Venturi/profilo estrattore di generose dimensioni realizza elevati valori di downforce.
Come accennato in precedenza, monoposto provviste di fondo dotato di canali Venturi risalgono a decenni or sono. Di seguito, riportiamo alcuni esempi significativi utili a illustrare quanto fatto in passato e quali soluzioni e configurazioni hanno ispirato i legislatori FIA nell’ideare le future vetture di F1 che entreranno in vigore nel 2021.
Nel 1979, le neonate wing-car sono già oggetto di interessanti e originali sviluppi. La Arrows A2-Cosworth DFV costituisce, indubbiamente, una delle massime espressioni in fatto di F1 ad effetto suolo. Nata originariamente in configurazione “wingless”, la bella monoposto curata da Tony Southgate e Dave Wass presenta Venturi sotto le fiancate, profili alari ad inglobare i bracci delle sospensioni anteriori e due file di minigonne mobili, una in posizione classica (ossia, scorrevoli in apposite intercapedini ricavate all’interno del perimetro esterno delle pance), l’altra in posizione arretrata, in corrispondenza dell’ala posteriore. Nella foto frontale qui sotto si apprezza bene il singolare gioco di minigonne, atte a preservare le condizioni di depressione sigillando i Venturi dai flussi esterni che, richiamati dalla depressione, tendono a penetrare tra fondo e suolo.
Qui, la Williams FW07B-Cosworth DFV di Alan Jones (1980) recuperata dopo un incidente. La bella e semplice auto mostra il proprio fondo. Sotto le fiancate sono ricavati i lunghi tunnel Venturi.
La freccia grande indica all’incirca l’area della strozza, punto ove si instaura il picco di depressione. La freccia piccola, invece, indica la zona del Venturi in cui avviene la diffusione del flusso ed il ripristino parziale della pressione (ma nel Venturi regna comunque depressione, poiché la velocità dell’aria è ancora maggiore di quella cosiddetta asintotica): più questo “scivolo” è accentuato (ma attenzione a non esagerare con l’angolo, pena il distacco del fluido), più la sezione d’uscita sarà di grandi dimensioni. Una sezione d’uscita di notevole dimensione determina, appunto, una maggior portata d’aria che attraversa il Venturi, quindi elevati valori di downforce.
Nel 1983, la Formula 1 abbandona le wing-car con la introduzione del fondo piatto. Un fondo che, diversamente regolamentato nel corso degli anni (aggiunta del Reference Plane e dello Skid Block, ad esempio), è giunto sino ai giorni nostri. A valle del fondo piatto trova posto, sin dal 1983, il profilo estrattore, elemento il quale, nel corso dei decenni, ha subito molteplici interventi regolamentari per ampliarne o limitarne le dimensioni. Nelle gare USAC-CART, tuttavia, le wing-car, benché sprovviste di minigonne, ruggiscono per decenni. Nelle foto qui sotto si apprezzano i tunnel Venturi della March-Cosworth DFX del 1984.
Particolarmente interessante la foto in cui un meccanico del Patrick Racing lavora sul fondo della March condotta da Bruno Giacomelli in occasione della 1984 Quinn’s Cooler 300K (Laguna Seca).
Si apprezza il fondo caratterizzato da vistosi tunnel Venturi (la sezione d’uscita dei tunnel è in corrispondenza del numero di gara #40). Nelle altre foto della March, si apprezzano i generosi Venturi tanto nella vista laterale (si notino i rivestimenti in materiale refrattario ove poggiano gli scarichi) quanto in quella posteriore (sezione d’uscita enorme, il flusso va ad incrociare i bracci di sospensione ed i semiassi).
Come si può notare, la configurazione della March CART del 1984 riprende i tipici canoni tecnici, in fatto di effetto suolo (benché la CART vietasse le minigonne), delle Formula 1 wing-car. Qui, si apprezzano i Venturi della McLaren Mp4/1B del 1982. Sezione d’uscita dei tunnel di notevoli dimensioni (il flusso inevitabilmente incrocia i braccia di sospensione ed i semiassi), terminali di scarico che soffiano al di sopra del bordo d’uscita dei Venturi stessi.
Proseguiamo con l’analisi. Il ritorno a vetture più squisitamente ad effetto suolo è e sarà il principale leitmotiv attorno al quale verterà il dibattito. Vetture provviste di effetto suolo e di tunnel Venturi vivono, in Europa, anche dopo la messa al bando delle F1 wing-car alla fine del 1982. In foto, alcuni esempi di vetture ad effetto suolo moderne: la Dallara WSR (Formula Renault 3.5, anno 2008; la contemporanea Dallara GP2 era, in questi aspetti, molto simile) e la nera Lola ex Formula 3000 (Cinelli, Rieti-Terminillo 2009) convertita in monoposto destinata alle cronoscalate sfoggiano canali Venturi e persino minigonne fisse atte a sigillare il fondo. Nel caso della Dallara, si vede il vistoso canale Venturi a valle della scritta “Michelin”.
Le dimensioni della sezione d’uscita dei futuri Venturi, quindi, saranno accresciute rispetto a quelle riscontrabili sugli attuali diffusori. Qui, i vistosi profili estrattori installati sulla Lotus 98T-Renault (1986). Probabilmente, nel 2021, avremo sezioni d’uscite dei Venturi che, in altezza, arriveranno all’asse ruote posteriori.
La configurazione aerodinamica dei Venturi della Lola F3000 ricorda i render delle future F1 2021. A monte del Venturi, infatti, le fiancate presentano una sorta di rialzo, un “invito”. Ed eccoci, allora, ad un’altra proposta in ottica 2021: l’eliminazione dei bargeboard (i vistosi e sempre più elaborati deviatori di flusso/generatori di vortici collocati a monte delle pance) in favore (forse) di generatori di vortici in corrispondenza del tratto iniziale del tunnel Venturi. L’installazione di vortex generators nel tratto iniziale del tunnel Venturi non costituisce una novità.
Di seguito possiamo osservare alcuni esempi di suddetti generatori di vortici, intesi ad energizzare il flusso d’aria che investe tutto il tunnel Venturi. Opera di energizzazione finalizzata a mantenere giovane lo strato limite, quindi a scongiurare il distacco del fluido.
La configurazione dei Venturi provvisti di vortex generators è stata seguita, per molti anni, nelle categorie statunitensi, dalla CART alla IRL-IndyCar. In foto, i generatori di vortici installati a bordo delle Lola e Panoz Champ Car e Dallara IndyCar pre-2012. In Europa, nel recente passato, questa configurazione aerodinamica è riscontrabile a bordo della ormai defunta GP3. La prima versione della Dallara GP3 presenta vortex generators (e minigonne fisse) a monte dei tunnel Venturi e in corrispondenza del “rialzo” del primo tratto del Venturi stesso.
In questa foto, si apprezza bene il fondo della prima generazione di Dallara GP3 (2013) dove si nota il tunnel Venturi ed il generatore di vortici a monte del tunnel.
Modifiche sostanziali che avranno anche profonde ricadute sulla estetica della vettura interessano muso e cerchi. L’ala anteriore — in contraddizione con la configurazione wing-car della monoposto — sarà ancora a “tutta larghezza” (2 metri). Un sovradimensionamento (i primi schizzi di massima indicano 3 profili alari) non necessario. Sarebbe stato preferibile lasciare libera la decisione se installare o meno l’ala anteriore. Nel caso di presenza, sarebbe stato altrettanto preferibile optare per dimensioni massime più contenute.
I legislatori, in chiave 2021, puntano ad avere musi bassi ed ala direttamente connessa al muso. Scompariranno del tutto, quindi, i musetti rialzati, ossia provvisti di appositi sostegni a sorreggere l’ala anteriore. Non solo: il profilo alare più vicino al suolo presenterà un rialzo; il siffatto profilo “lunato” favorirà il passaggio dell’aria verso il fondo vettura. Si torna, pertanto, a musi bassi di chiara ispirazione Anni ’90: musi bassi i quali, tuttavia, non andranno a soppiantare la configurazione generale a “muso alto”, compiutamente introdotta per la prima volta dalla Tyrrell 019 nel 1990. In foto, due interpretazioni di musi alti (scocca rialzata e presenza del prolungamento del fondo piatto, oggi denominato “tea tray”) risalenti al 1992: la Dallara 192-Ferrari (scocca rialzata secondo i concetti tecnici lanciati dalla 019, profilo alare dritto, ala particolarmente rialzata rispetto al suolo) e la Minardi M192-Lamborghini (scocca rialzata, muso basso ma zona centrale dell’ala arcuata così da favorire il passaggio dell’aria verso il fondo).
La configurazione qui palesata dalla Minardi, nei primi Anni ’90, trova diffusa applicazione. Ricordiamo, infine, che, a partire dal 2012, la FIA ha attuato molteplici interventi finalizzati a rendere i musi sempre più bassi (motivi di sicurezza).
Per quanto concerne i cerchi, la FIA introdurrà cerchi unificati da 18 pollici di diametro (da decenni sono in uso, in F1, cerchi da 13 pollici) per tutti i costruttori (!) e provvisti di carenature lenticolari. Cerchi di diametro maggiore, ossia pneumatici più ribassati e rigidi.
I cerchi carenati a scopi aerodinamici (riduzione del drag e vortici) non costituiscono una novità. Qui, alcuni esempi esplicativi. Monza 1963: Phil Hill è al volante della bellissima A-T-S 100 (Automobili Turismo e Sport) dotata di cerchi carenati, intesi a favorire la penetrazione aerodinamica sui lunghi rettilinei monzesi.
Cerchi particolarmente carenati sono in uso anche tra gli Anni ’80 e ’90 in CART. Qui, la bellissima Truesports-Chevrolet condotta da Scott Pruett alla Indy 500 del 1992. Cerchi carenati e feritoie appena accennate. All’epoca, in CART, sono impiegati anche cerchi carenati provvisti di soli 3 fori circolari.
Tra il 2008 ed il 2009, in F1 fiorisce una nuova generazione di carenature per i cerchi. Si tratta, formalmente, di elementi omologati come dispositivi di raffreddamento freni; invero, oltre a contribuire ad un più ottimale smaltimento del calore proveniente dai freni, queste carenature palesano evidenti finalità aerodinamiche. In foto, i cerchi carenati della Brawn GP BGP 001-Mercedes del 2009.
Ulteriori interventi regolamentari investiranno le ruote anteriori: sopra di esse verranno installati delle parziali carenature, dei deviatori di flusso atti a pulire (parzialmente) le turbolenze generate dalle ruote anteriori. Non è tutto: l’HALO presenterà forme più aggraziate, tese e slanciate, le prese d’aria preposte al raffreddamento dei freni subiranno una semplificazione per quanto riguarda eventuali funzioni aerodinamiche, i turning vanes posti sotto al muso saranno eliminati, le paratie dell’alettone posteriore appositamente studiate affinché ulteriormente leniscano le negative conseguenze della scia.
Il 2021 è, però, ancora lontano. Da questa prima bozza di massima di regolamento, tuttavia, si evince un fatto: la F1 ha perso l’ennesima occasione per rigenerare se stessa. Gli interventi regolamentari introdotti nel 2017 e alcuni dei quali verranno introdotti nel 2021 vanno sì nella giusta direzione, ma, purtroppo, sono inseriti in un contesto sempre più teso ad uniformare, standardizzare e congelare le monoposto di F1, nelle linee, nelle soluzioni, nelle prestazioni, strozzate da concetti quali “spettacolo” da un alto e “riduzione dei costi” dall’altro.
Speriamo che, quando il 2021 sarà realtà, legislatori e costruttori riescano ad accordarsi al fine di partorire una nuova generazione di F1 che sposi anche una spiccata varietà progettuale.
Un’ultima considerazione. Si fa spesso riferimento, nelle dichiarazioni e nella documentazione rilasciata dalla FIA, alla estetica delle future vetture. Estetica che dovrà essere accattivante e non solo funzionale. Questo per ribadire che un’auto da corsa non è mai stata, non è e mai sarà solo il freddo risultato di numeri e dati.
EFFETTO SUOLO NELLA STORIA DEL MOTORSPORT E DALLA F1
[ngg src=”galleries” ids=”415″ display=”basic_thumbnail”]