West Kingsdown, Kent, Inghilterra. Qui sorge il circuito di Brands Hatch, un nome che, agli appassionati di motorsport, evoca gare — su due e quattro ruote — passate alla storia. Un saliscendi da cuore in gola in cui piloti e mezzi sono messi a dura prova, uno dei pochi circuiti europei realmente “old style” sopravvissuto alle vie di fuga in asfalto, ai box e ai paddock manco fossimo al Bellagio di Las Vegas e alle mannaie buoniste. Ancora oggi, correre al Brands Hatch equivale a compiere un salto nel passato, in epoche in cui i tracciati non venivano disegnati per “favorire-i-sorpassi”, bensì per esaltare piloti, mezzi e spettatori presenti in pista. Al Brands Hatch, il pilota misura il pilota. I margini di errore, ristrettissimi.
Siamo appena entrati nella settimana che conduce al LXXII GP di Gran Bretagna: il prossimo 14 luglio, infatti, le vetture di Formula 1 si sfideranno sul tracciato di Silverstone, il quale ospiterà per la 53a volta l’importante GP in terra inglese.
Dopo Silverstone e le cinque edizioni disputate ad Aintree (1955, 1957, 1959, 1961 e 1962), il GP di Gran Bretagna (e d’Europa), valevole per i Mondiali Piloti e Costruttori di Formula 1, fa tappa per la prima volta al Brands Hatch: è l’11 luglio 1964. Jim Clark, al volante della Lotus 25-Coventry Climax del Team Lotus, domina in lungo e in largo il weekend di gara: pole-position, vittoria e giro veloce in gara. Il campione scozzese copre in testa tutti gli 80 giri previsti, per un totale di 341,200 km (circuito di 4,265 km).
Il 16 luglio 1966, in occasione del XIX RAC British Grand Prix, Jack Brabham emula quanto fatto da Clark appena due anni prima: al volante della Brabham BT19-Repco del Brabham Racing Organisation, il pilota australiano centra pole-position, vittoria e giro veloce in gara.
Nella alternanza con Silverstone, il GP di Gran Bretagna al Brands Hatch ritorna nel 1968. È il 20 luglio. Jo Siffert si impone al volante della privata Lotus 49B-Cosworth DFV gestita dal team Rob Walker/Jack Durlacher Racing Team. Sui 4,265 km del tracciato del Kent si disputeranno altre tre edizioni del GP di Gran Bretagna di F1, datate 18 luglio 1970, 15 luglio 1972 e 20 luglio 1974. La corsa del 1970 — vinta da Jochen Rindt su Lotus 72C-Cosworth DFV del Gold Leaf Team Lotus — è l’ultima disputata sulla distanza di 80 giri, pari, appunto, a 341,200 km. Nel 1972, i giri scenderanno a 76 (324,140 km; a trionfare è Emerson Fittipaldi su Lotus 72D-Cosworth DFV del John Player Team Lotus) e a 75 nel 1974 (319,875 km). In questa edizione è Jody Scheckter, al volante della Tyrrell 007-Cosworth DFV ufficialmente gestita dall’Elf Team Tyrrell, ad uscirne vincitore.
In occasione del XXIX British Grand Prix del 18 luglio 1976, debutta la nuova versione del circuito di Brands Hatch. Modifiche, infatti, vengono apportate nel tratto rettilineo che collega le Curve Bottom e Surtees. La lunghezza del tracciato scende a 4,207 km.
Dal 1976 al 1986, si disputeranno altre sei edizioni del GP di Gran Bretagna, datate 18 luglio 1976, 16 luglio 1978, 13 luglio 1980, 18 luglio 1982, 22 luglio 1984 e 13 luglio 1986. In mezzo, due edizioni del GP d’Europa, datate 25 settembre 1983 e 6 ottobre 1985. Niki Lauda si dimostra un magistrale interprete del difficile e temuto circuito inglese: il campione austriaco, infatti, trionfa nel 1976 (Ferrari 312T2; determinante si rivela la squalifica di James Hunt, vincitore, reo di aver preso parte alla seconda partenza utilizzando il muletto anziché la vettura titolare, già riparata), nel 1982 (McLaren Mp4/1B-Cosworth DFV) e nel 1984 (McLaren Mp4/2-Porsche).
La tripletta di Lauda al Brands Hatch lascia, tuttavia, spazio ad altri piloti, altri campioni, altri nomi eccellenti dell’automobilismo internazionale. Nel 1978 si impone Carlos Reutemann (Ferrari 312T3), seguito, nel 1980, da Alan Jones e la sua straripante Williams FW07B-Cosworth DFV ufficialmente gestita dall’Albilad-Williams Racing Team.
Nel 1986, va in scena l’ultima edizione del GP di Gran Bretagna disputata al Brands Hatch. Da quel 1986, il circuito del Kent e la Formula 1 non incroceranno mai più i propri destini. Ritenuto eccessivamente pericoloso e non più idoneo alle monoposto di F1, Brands Hatch lascerà definitivamente il posto a Silverstone. In occasione del XXXIX British Grand Prix del 13 luglio 1986, le Williams FW11-Honda condotte da Nelson Piquet e Nigel Mansell monopolizzano qualifiche (è loro la prima fila) e gara. Nel corso dei primi 22 giri è Piquet a comandare la corsa, quindi, dal 23° al 75° ed ultimo giro, è Mansell a guidare il plotone e, pertanto, a vincere l’ambito GP di casa.
La corsa è caratterizzata da una doppia partenza. Lo start originale, infatti, è immediatamente stoppato a seguito di un incidente che vede coinvolte numerose vetture, tra cui le Osella FA1H e FA1G motorizzate Alfa Romeo di Allen Berg e Piercarlo Ghinzani, la Arrows A8-BMW di Christian Danner e la Ligier JS27-Renault di Jacques Lafitte. Questi piloti non prenderanno parte alla seconda partenza. Lafitte, sfortunatamente, riporta gravi ferite e fratture, danni fisici che, di fatto, pongono fine alla carriera in F1 del veloce pilota francese. Non solo: Mansell, dopo il primo start, è subito vittima di un problema tecnico. Per l’inglese, provvidenziali si rivelano l’incidente, la conseguente interruzione del GP e la nuova partenza. Incidenti, ripartenze, corse interrotte e poi riprese: costanti per la F1 impegnata al Brands Hatch.
Jacques Lafitte è solo uno dei tanti piloti che, al Brands Hatch, incappano in gravi incidenti. Tra gli illustri feriti, ricordiamo Johnny Herbert: nel 1988, quando milita in F3000, è vittima di un terribile incidente (che, a sua volta, provoca una carambola multipla tra le vetture che sopraggiungo alle sue spalle) il quale, fortunatamente, non gli impedirà di riprendere l’attività di pilota, anche in F1.
Attualmente, si contano 50 piloti (auto e moto) morti dal 1949 al 2013 in gare nazionali e internazionali, tra cui Jo Siffert, deceduto in occasione della World Championship Victory Race, corsa non valevole per il Mondiale di F1 disputata il 24 ottobre 1971 e riservata a vetture F1 e F5000. La corsa viene stoppata al 14° passaggio a seguito dell’incidente mortale occorso proprio al campione svizzero, al volante della BRM P160. Al momento del cruento incidente — avvenuto in corrispondenza della Curva Hawthorn — Siffert occupa la 4a posizione. Ad innescare l’incidente (Siffert morirà asfissiato dai fumi inalati nell’incendio della propria vettura), la rottura di una sospensione; tenute nascoste per anni, le cause dell’incidente verranno divulgate solo anni dopo da un ex meccanico BRM.
La intrinseca pericolosità costituisce, indubbiamente, un aspetto affatto secondario che conferisce fascino al circuito di Brands Hatch. La sfida, al Brands Hatch, non è mai banale.
Interessante, infine, analizzare la costante progressione cronometrica nel corso di oltre 20 anni di evoluzione tecnica. Si passa, pertanto, dal 1’38”100 (media di 156,514 km/h) della pole-position di Clark del 1964 all’1’19”700 (media di 192,647 km/h) della pole-position conquistata da Lauda nel 1974. In entrambi i casi, il circuito misura 4,265 km.
Anche nella versione di 4,207 km, i tempi sul giro subiscono un graduale, inesorabile miglioramento. Si passa, quindi, dall’1’19”350 (media di 190,866 km/h) della pole-position del 1976 firmata Lauda all’incredibile 1’06”961 (media di 226,179 km/h) della pole-position ottenuta da Nelson Piquet, in occasione del GP di Gran Bretagna 1986, al volante della esuberante Williams FW11-Honda RA166E Turbo.
Da un lato un Silverstone sempre più mutilato e snaturato, dall’altro un Brands Hatch le cui curve, i cui rettilinei ancora appaiono nella loro rara, originale bellezza. Il Brabham Straight, la Paddock Hill, la Druids, la Bottom (oggi Graham Hill Bend), la Surtees, la Hawthorn, la Westfield, quindi via veloce verso la Dingle Dell e la Sheene Curve. E poi la Stirlings, infine giù, verso la Clark Curve che conduce alla ripida discesa del traguardo, anch’esso non completamente rettilineo.
Ah, il Brands Hatch. Impossibile non amarlo…