Proprio quando sembra che le cose cambino, ecco che tutto torna uguale a prima. No, non è l’ennesima interpretazione della celeberrima citazione de Il Gattopardo, ma è quel che l’andamento del Campionato 2019, l’ennesimo, sciagurato Mondiale della Ferrari, ci mostra: anche quando la situazione sembra cambiare, inanellando tre vittorie consecutive e cinque pole, è Mercedes che continua a vincere.
Vince, perché può permettersi di perdere, dato il grande vantaggio in classifica che anche l’inconsistenza degli avversari ha permesso loro di guadagnare.
Vince, perché gestisce sapientemente un circo di primedonne con il piglio di un’efficiente public company teutonica, laddove nulla trapela e nulla viene lasciato al caso o alla buona volontà del singolo.
Vince, perché ha ancora un incontestabile vantaggio competitivo tecnologico, dato da una formidabile combinazione di stabilità ed elasticità, per cui anche quando sembrano persi e in difficoltà basta loro poco per trovare un’alternativa.
Vince, perché gli altri si rompono sul più bello. E niente è più corroborante di una vittoria – o di una doppietta – insperata, come ben sanno coloro che inseguono con l’affanno da anni.
A distanza di un anno siamo ancora qui a dire che la Ferrari ha perso , cioè che nulla è cambiato nonostante sia cambiato tutto? Nuova stagione, nuovo vertice tecnico, nuovo pilota? Non interamente, in realtà. Dopo una prima parte di campionato praticamente da dimenticare, a parte qualche episodio discontinuo – tipo Canada o Germania – la risurrezione iniziata a Spa ci ha parlato di sviluppi che sembrano andare finalmente in una direzione correttiva e non della sperimentazione, di una incoraggiante competitività in qualifica e di un ritrovato passo gara, punti di forza che si sono ripresentati in una sequenza di piste diverse fra loro, premiando – in modo diverso a seconda delle contingenze – entrambi i piloti. La migliore notizia di questo scorcio di campionato, per la Ferrari, non sono le cinque poles di Leclerc o il ritrovato Vettel, ma il fatto che si può ragionevolmente sperare che abbia imboccato il sentiero della costanza, lasciandosi alle spalle gli episodi. Un sentiero lungo il quale “pensare alla stagione successiva” non è più un alibi per aver colpevolmente lasciato deragliare la stagione presente dopo un incoraggiante avvio – come accaduto nel 2017 e nel 2018 – ma viene messo subito in pratica, spremendo dal progetto SF90 il massimo, recuperando altresì punti e fiducia. Certo, aiuterebbe anche evitare di rompere power unit mentre si è stabilmente in testa o di disfare quanto faticosamente conquistato in pista con strategie ispirate al seppuku: affidabilità e lettura della gara restano imprescindibili e cruciali a livello di team allo stesso modo della validità del progetto in sé.
A distanza di un anno, inoltre, Maranello può contare da una parte su un giovane divoratore di successi come Leclerc e dall’altra su un campione anche lui giovane e affamato come Vettel. A meno che non abbiate davvero creduto alla storia del “Numero Uno Bis” sul buon Barrichello, era da tempo che la Ferrari non aveva una coppia di piloti in grado di primeggiare entrambi, cosa che ha anche scatenato la gara a chi la spara per primo e più grossa sul come e quando questa coppia scoppierà e se non sia già scoppiata. Perché, diciamola tutta: a parte le dichiarazioni programmatiche, tra la RedBull Tarpatrice di Aaaali e la Mercedes Hamiltoncentrica, chi davvero si è assunta il rischio di correre a due punte mentre è all’inseguimento matto e disperatissimo di un’affermazione che manca ormai da troppo tempo è stata la Ferrari. Proprio la Ferrari, che è, per stessa ammissione di chi ne fa parte, qualcosa che travalica e supera le singole individualità. In un contesto simile, complice una comunicazione svecchiata ma comunque ancora troppo ministeriale, è facile che si scatenino i corsi, i ricorsi, la caccia alle indiscrezioni e alle polemiche pruriginose.
Intanto, le vittorie vanno agli altri. Del resto, quale passatempo è più indicato della dietrologia per chi arriva, mestamente e meritatamente, dietro?
Proprio quando sembra che sia tutto uguale a prima, ecco che le cose cambiano. La trasferta asiatica darà a noi e alla Ferrari la risposta, sempre che non siamo troppo distratti dalle beghe da box per ascoltarla.