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    F1, La Tyrrell 019: 30 anni e non sentirli!

    Paolo PellegriniBy Paolo Pellegrini5 Febbraio 2020
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    1990-2020. Sono trascorsi esattamente 30 anni da quando, sulla scena della Formula 1, appariva la rivoluzionaria Tyrrell 019. Una monoposto in grado di cambiare per sempre (è proprio il caso di dire) il volto delle vetture Formula 1 e non solo. Da quel 1990, infatti, i concetti tecnici compiutamente e definitivamente introdotti sulla Tyrrell 019 hanno trovato e trovano ampia applicazione, dalla F1 alle vetture a ruote coperte.

    Nel corso dei primi due Gran Premi della stagione di Formula 1 1990, il Tyrrell Racing Organisation schiera ancora la valida 018, monoposto che — spinta dal V8 Cosworth DFR — aveva conseguito ottimi risultati nel 1989.

    In questo anno, infatti, la 018 (subentrata alla 017 ereditata dal 1988, la quale partecipa al solo GP del Brasile 1989) si dimostra costante e sufficientemente affidabile: alla fine dell’anno, la Tyrrell totalizza 16 punti, issandosi al 5° posto nella classifica Costruttori. A condurre la 018 in gara sono Michele Alboreto, Jonathan Palmer e i debuttanti Jean Alesi e Johnny Herbert.

    Pertanto, in attesa della 019, in occasione dei Gran Premi degli Stati Uniti (Phoenix) e Brasile (Interlagos), la 018 recita le proprie due ultime battute in F1. Sul cittadino di Phoenix, Jean Alesi e la sua fida 018 danno spettacolo, dando vita ad un memorabile duello con Ayrton Senna, al volante della più competitiva McLaren Mp4/5B-Honda. Partito col 4° tempo, il francese conclude la corsa al 2° posto.

    È il tracciato di Imola a battezzare il debutto in gara della rivoluzionaria Tyrrell 019, ancora spinta dal V8 di 90° Cosworth DFR preparato dalla Hart (siamo nell’era degli aspirati di 3500cc). È il 13 maggio 1990, il GP è quello di San Marino. Grazie a Jean Alesi, la 019 coglie subito il primo punto mondiale: il sempre veloce e generoso francese agguanta il 6° posto.

    La Tyrrell 019 — logica e, sotto certi aspetti, conservativa evoluzione della 018, con la quale palesa evidenti similitudini — colpisce e stupisce per la sua aerodinamica frontale. La monoposto tecnicamente curata da Harvey Postlethwaite e Jean-Claude Migeot si distingue, anzitutto, per il suo musetto rialzato. Alla base del progetto della 019 vi è la ottimizzazione del carico deportante. Un muso rialzato, infatti, facilita il passaggio dell’aria verso il fondo vettura e, quindi, verso il profilo estrattore posteriore. Una maggior portata d’aria in queste fondamentali aree della vettura comporta un incremento della deportanza. Il “difetto” delle vetture a muso basso, infatti, risiede nel muso stesso, il quale non agevola un passaggio abbondante e pulito dell’aria verso il fondo.

    La maggior portata d’aria, pertanto, viene accelerata tra suolo e fondo vettura, quindi è nuovamente diffusa verso l’esterno attraverso il profilo estrattore: sensibile l’incremento della depressione esistente tra suolo e fondo.

    Molteplici le peculiarità tecniche della Tyrrell 019. Il musetto rialzato si caratterizza per le inedite semiali, i cui mainplane sono sorretti da sostegni a V invertita (più correttamente, a diedro negativo). La parte inferiore del muso confluisce, a valle, nel cosiddetto “tea-tray”, elemento più avanzato del fondo piatto in corrispondenza del raccordo tra scocca e fondo piatto.

    Il “tea-tray”, realizzato anzitutto per rispettare il regolamento (fondo piatto dall’uscita delle ruote anteriore all’entrata di quelle posteriori), si è evoluto sempre più nel corso degli anni, sino a diventare un complesso dispositivo aerodinamico. Non solo: il raccordo tra fondo e scocca assolve anche la funzione di sistema di controllo dello strato limite; questo — dopo aver lambito tutta la superficie inferiore del muso — viene separato, “pulito” ed evacuato ai lati, così da mantenere energizzato e giovane il fluido che affluisce verso il fondo vettura.

    Grazie al muso rialzato e ad una maggiore efficienza dei dispositivi aerodinamici preposti alla realizzazione dell’effetto suolo, la Tyrrell 019 presenta profili alari generalmente più scarichi rispetto alla concorrenza (ad iniziare dalla corda dei profili dell’ala posteriore). Inoltre, rispetto alla 018, le semiali anteriori vengono abbassate ed avvicinate al suolo, accorgimento atto ad incrementare il carico deportante generato dai profili stessi.

    Semplice e ridotto in altezza il profilo estrattore posteriore: questo si compone di un canale centrale e di due canali più piccoli laterali. I terminali di scarico sfociano sopra il diffusore e non al suo interno.

    Come spesso accade alle vetture rivoluzionarie, i risultati sportivi stentano a decollare. In termini di punti, la Tyrrell eguaglia la stagione 1989: 16 punti, bottino che le vale nuovamente il 5° posto tra i Costruttori. Tuttavia, “solo” 9 punti vengono totalizzati dalla 019; ben sette punti, infatti, vengono colti a Phoenix dalla Tyrrell 018, grazie al già citato 2° posto di Alesi (6 punti) e al 6° di Satoru Nakajima (1 punto).

    La 019 andrà ancora a punti con Alesi (eccellente 2° a Monaco, tra le due McLaren di Senna, 1°, e Gerhard Berger, 3°) e Nakajima, il quale coglierà altri due preziosi sesti posti in quel di Monza e Suzuka.

    Da quel 1990, le monoposto di F1 si convertiranno tutte (chi prima, chi dopo) alla filosofia lanciata dalla Tyrrell 019. Anche le vetture ancora provviste di muso basso (ossia prive di appositi sostegni tra muso e ala anteriore) si avvalgono dei concetti aerodinamici della bellissima 019, presentando, cioè, musetto rialzato e “tea-tray”. Nel 1995, con la Ferrari 412T2, i tecnici del Cavallino tentano una strada diversa, eliminando il “tea-tray” anche in presenza di un muso basso-rialzato.

    Nel 2021, i regolamenti, verosimilmente, contempleranno solo monoposto a muso basso e prive di “tea-tray”. Un muso, tuttavia, che rimarrà doverosamente rialzato e “scavato” nella zona inferiore. Insomma, i concetti della 019 saranno ancora lì, ben visibili.

    La immortale Tyrrell 019 è, ormai, una ragazza sulla trentina. Decisamente ben portati…

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    Paolo Pellegrini
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    Paolo Pellegrini, Classe '82, amante della velocità a 360°, che sia un'auto, una moto, un aereo o i 10 secondi di un 100 metri. Disegnatore di auto e moto da corsa estreme.

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