In una lunghissima intervista alla Gazzetta dello Sport in edicola oggi, Charles Leclerc racconta se stesso e i suoi sogni, ricorda Jules Bianchi e parla dell’attuale difficile stagione della Ferrari e dei suoi avversari.
Qui sotto vi riportiamo le domande e le risposte più interessanti. L’intervista completa la trovate su La Gazzetta dello Sport in edicola oggi, mercoledì 5 agosto 2020.
I SOGNI DA BAMBINO
Quando era ragazzo che macchina sognava di guidare?
“La macchina rossa. Di sicuro. La macchina rossa, anche prima di sapere che si chiamasse Ferrari, era la mia magnifica ossessione”.
Cosa ha di diverso la Ferrari dagli altri team?
“Credo la passione, la passione soprattutto. Non solamente dentro il team ma fuori. È una cosa incredibile. Sono sicuro che nessun altro team in Formula 1 abbia una base di tifosi così grande e una passione diffusa così grande per la Ferrari. Quasi una febbre. Questo è quello che per me è molto speciale, unico, in Ferrari”.
LA STAGIONE 2020
Quanto è difficile oggi vincere e vincere con la Mercedes in quella condizione? Cosa ha la macchina Ferrari in meno delle altre quest’anno?
“È difficile puntare su una sola cosa, è proprio un problema generale. Abbiamo visto che sotto la pioggia è difficile, ma sull’asciutto abbiamo fatto fatica un po’ più nel settore 1 di Austria dove ci sono più rettilinei. Dunque non è una cosa solamente perché sennò sul bagnato, quando la macchina va andremmo molto meglio, invece non è stato così e dunque dobbiamo lavorare su di un pacchetto generale per fare uno step migliore”.
Quando pensa che la rossa tornerà a vincere?
“Questa è una domanda complicata. Dare un tempo esatto è molto difficile. Adesso è un momento assai complesso per la Scuderia, dunque ci vorrà abbastanza tempo. Quanto, ora, non lo so. Però credo che nel 2022 ci sarà un rilevante cambiamento di regole e quella sarà una grandissima opportunità per cambiare le cose. E noi dobbiamo lavorare per cambiarle nel 2022. Per aprire un nuovo ciclo di successi Ferrari”.
SU HAMILTON E VERSTAPPEN
Hamilton è un marziano? O è la sua macchina ad essere marziana?
“Credo che non possiamo togliere niente a Lewis. Lewis secondo me è uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1 e sta facendo un grandissimo lavoro. È sempre molto costante, sempre al cento per cento, mentalmente molto forte. Dunque non c’è niente da dire: la Mercedes, lui. La combinazione tra i due elementi fa sì che in questo momento sia veramente difficile competere con loro”.
Con Verstappen eravate in competizione anche nelle altre Formule. Come definisce questo confronto tra voi? Sono due stili di guida?
“A me non piace dire che ho uno stile di guida particolare, perché alla fine bisogna imparare sempre a sorprendere gli avversari e cambiare di stile di guida al bisogno. Il mio stile di guida è avere più stili di guida possibili. Nei nove anni di kart ero sempre con Max. Siamo cresciuti tutti insieme, anche con Russell, Ocon, Gasly, Albon. È stato bello, abbiamo combattuto tante battaglie insieme. Ci odiavamo, quando eravamo più piccoli, ma ora siamo cresciuti, siamo un po’ più maturi ed è bello vederci tutti insieme, in Formula 1”.
DAL PILOTA IDEALE A GIOVINAZZI E BIANCHI
Se dovesse costruire un pilota ideale, come lo comporrebbe?
“La capacità di lavorare di Michael Schumacher, il talento di Ayrton Senna, l’intelligenza di Lewis Hamilton. Credo che questi tre alla fine siano i nomi che hanno fatto grande la F.1”.
Quanto ci vorrà perché un pilota italiano torni ad avere un ruolo competitivo in Formula 1? Oggi c’è solo Giovinazzi…
“Antonio è sicuramente molto talentuoso. Ma sta crescendo una nuova generazione di piloti italiani molto forti, penso a Gabriele Minì che in monoposto è molto bravo, c’è un altro, ancora più piccolo, che si chiama Andrea Antonelli. Questi due vanno molto forte, sicuramente sono ancora giovani e c’è ancora tanta crescita possibile. È molto importante anche il momento della crescita da bimbo ad adulto perché mentalmente si cambia tanto. Se saranno capaci di gestirsi li vedremo in Formula 1”.
Jules Bianchi è morto a seguito di un incidente nel Gran Premio del Giappone. Se ne è andato, nel 2015, dopo nove mesi di coma. Aveva solo 25 anni. La scomparsa di Bianchi, il cui viso richiama molto il suo, cosa ha significato per lei?
“È stato veramente difficile e lo è ancora. Ero anche io impegnato in un weekend di gara e la domenica mattina guardavamo un po’ distrattamente la Formula 1 dal Giappone. Ma io ero ai meeting. Mio padre ha guardato la gara e, quando sono rientrato, non voleva farmela più vedere. Avevo capito che c’era qualcosa di strano, mi aveva detto che c’era bandiera rossa. Dopo, circa un’ora prima della mia gara, ho visto che era Jules ad aver avuto un incidente. Ma non sapevo esattamente quanto fosse grave. È stato durissimo, una esperienza terribile. Per un lungo periodo Jules è stato in ospedale tra la vita e la morte. Sono andato a visitarlo più volte ed è stato difficile perché le nostre due famiglie era come se fossero una, siamo molto molto vicini anche adesso. Noi due avevamo una connessione forte. Separarmi da lui è stato difficile, terribilmente difficile”.
Qui sopra vi abbiamo riproposto le domande e le risposte più interessanti. L’intervista completa la trovate su La Gazzetta dello Sport in edicola oggi, mercoledì 5 agosto 2020.