Metterci la faccia, oggigiorno, sembra non vada più di moda.
Il fenomeno che andremo a trattare, benché riscontrabile da molti decenni, si è esponenzialmente acuito in questi ultimi anni.
Dalle due alle quattro ruote, le Case costruttrici preferiscono sempre più spesso entrare nel mondo delle corse evitando di metterci direttamente la faccia. Assorbire team ampiamente operativi o apporre i propri marchi sulle carrozzerie di mezzi realizzati da terzi costituiscono le “scorciatoie” predilette.
Un fenomeno che non ha confini né limiti: dalle Aprilia rimarchiate Gilera (250cc) e Derbi (125cc) alle odierne KTM/Kalex Moto2 ed Husqvarna/KTM Moto3, dai Daytona Prototype International e le sue “finte” Cadillac, Acura, Nissan, Mazda (per regolamento, telai LMP2 rimotorizzati e modificati nella carrozzeria) alla Formula E, campionato in cui si contrappongono finte Audi, finte Porsche, finte Jaguar, finte Mercedes e così via (il telaio è unico), passando per la sedicente Alfa Romeo C39-Ferrari di Formula 1.
Attualmente, in Formula 1 operano cinque Case costruttrici.
Per Case costruttrici intendiamo Marchi che posseggono — parallelamente ai reparti corse e alle vetture da competizione — una produzione di serie più o meno vasta: Alfa Romeo, Ferrari, McLaren, Mercedes e Renault.
Nel concreto, tuttavia, solo Ferrari e McLaren (e in parte Renault: ci riferiamo al comparto motori) possono vantare una tradizione autenticamente genuina, pura.
Il team Renault F1, dopo la cessazione dell’attività a fine 1985 (aveva iniziato nel 1977), rientra in F1 nel 2002, sulle ceneri della Benetton (già ex Toleman). La Casa francese abbandona nuovamente la F1 a fine 2011, per poi tornarci nel 2016, stavolta sulle ceneri della brevemente resuscitata Lotus. Dal 2021, Renault lascerà il posto al Marchio Alpine, brand sportivo di proprietà — dal 1973 — della Casa di Boulogne-Billancourt.
Il team Mercedes F1 nasce dalla trasformazione finale di strutture preesistenti e dall’assorbimento della Ilmor, dalla quale è sorta la Mercedes AMG High Performance Powetrains, divisione preposta alla progettazione e realizzazione dei propulsori destinati alla F1.
L’Alfa Romeo Racing, infine, altro non è che la nuova denominazione del team Sauber; le monoposto sono realizzate dal celebre telaista svizzero, i motori provengono da Maranello.
Sempre più spesso, dunque, anche i team emanazione delle Case costruttrici sono frutto di un susseguirsi di scatole cinesi, di team subentrati ad altri team, di cessioni ed ulteriori acquisizioni succedutesi nel corso degli anni.
Dal 2021, anche l’Aston Martin entrerà nella mischia.
Racing Point, infatti, lascerà il posto al celebre Marchio inglese. Siamo in presenza, tuttavia, dell’ennesimo, mero cambio di pelle. Un’operazione di marketing finalizzata a dare nuovo lustro e prestigio alla scuderia di Lawrence Stroll.
Un nuovo nome e nuovi adesivi per un team già esistente. Siamo alle solite: di Aston Martin non ci sarà nulla.
Il suddetto fenomeno rappresenta, in estrema sintesi, l’essenza della odierna civiltà: superficialità, apparenza, facciata, illusione, marketing, slogan, hashtag ma, al contempo, assenza di reali contenuti.
Alfa Romeo ed Aston Martin, nomi diversi, stesso destino
Ufficialmente rientrato in Formula 1 nel 2019, il Marchio Alfa Romeo sta subendo un trattamento affatto consono al proprio blasone e alla propria tradizione sportiva. La discussa operazione intrapresa da Sergio Marchionne, infatti, non sta dando i suoi frutti, tanto dal punto dei risultati in pista quanto sul fronte del ritorno di immagine.
Le Alfa Romeo C38 (2019) e la attuale C39 (entrambe eredi della Sauber C37 del 2018) si sono dimostrate e si stanno dimostrando monoposto raramente competitive. Realizzate dalla Sauber e motorizzate Ferrari, le odierne Alfa Romeo di Formula 1 non scaldano — al di là di una retorica mediatica che lascia il tempo che trova — i cuori degli appassionati. Evidentemente, una Sauber motorizzata Ferrari difficilmente potrà essere apprezzata e realmente spacciata come Alfa Romeo…
Belle scatole prive di contenuto. Aston Martin, dunque, si porrà in questo particolare segmento. La futura Aston Martin di Formula 1, infatti, sarà realizzata dalla attuale struttura Racing Point e sarà ancora motorizzata Mercedes.
Tra Mercedes ed Aston Martin sussiste, tuttavia, una partnership in fatto di motori destinati alle Aston Martin GT di serie. È altresì vero che una Aston Martin di F1 spinta dalla power unit Mercedes risulta — per così dire — anomala, in virtù del fatto che il Marchio britannico è, da sempre, artefice di rinomati e vincenti propulsori da competizione.
Il passato sportivo dell’Alfa Romeo costituisce un sostanzioso capitolo di storia del motorsport. L’Alfa Romeo, infatti, ha vinto ovunque: in F1, nell’Endurance (ricordiamo, su tutti, i 4 successi consecutivi colti alla 24 Ore di Le Mans tra il 1931 ed il 1934), nelle corse — internazionali e nazionali — riservate alle vetture Turismo e in qualità di motorista nelle più disparate categorie.
In F1, Alfa Romeo è operativa — in qualità di costruttore totale — nel biennio 1950-1951 e dal 1979 al 1985. 10 vittorie, 12 pole-position, due titoli Piloti conquistati: nel 1950 è Giuseppe Farina a laurearsi campione del Mondo, nel 1951 è la volta di Juan Manuel Fangio. Le vetture iridate sono le celeberrime 158 e 159, capolavori assoluti della tecnica motoristica.
Tra il 1970 ed il 1987, inoltre, Alfa Romeo è ufficialmente impegnata in F1 anche in qualità di motorista: McLaren, March, Brabham, Osella, Ligier i telaisti che — con alterne fortune — utilizzano unità aspirate o Turbo realizzate dalla Casa lombarda.
Storia diametralmente opposta quella della Aston Martin in F1. Tra il 1959 ed il 1960, infatti, la Casa inglese è protagonista di 5 Gran Premi: Olanda, Gran Bretagna Portogallo e Italia 1959, Gran Bretagna 1960.
Due i modelli impiegati: la DBR4 nel 1959 e la DBR5 nel 1960. Le belle ed affusolate monoposto, caratterizzate ancora dal motore anteriore (un 6 cilindri in linea aspirato di 2500cc, erogante oltre 250-260 CV ad oltre 7500-7600 giri/minuto), palesano una discontinua competitività. I migliori risultati coincidono con due sesti posti, entrambi conseguiti da Roy Salvadori (GP di Gran Bretagna e Portogallo 1959).
Nel medesimo periodo, tuttavia, Aston Martin va all’assalto della più importante corsa automobilistica: la 24 Ore di Le Mans. Dopo vari tentativi, finalmente una Aston Martin taglia al primo posto assoluto l’ambito traguardo. È il 1959 quando, al volante della bellissima DBR1, Carroll Shelby/Roy Salvadori si aggiudicano la prestigiosa corsa della Sarthe. Quello stesso anno, Aston Martin svetta nella classifica del FIA World Sports Car Championship: 24 punti, contro i 18 di Ferrari e Porsche.
In epoche recenti, Aston Martin è stata ed è grande protagonista nelle categorie e nelle classi riservate alle vetture Gran Turismo. Piovono, manco a dirlo, successi e consensi. Positive (ad eccezione della interessante ma fallimentare AMR-One del 2011) anche le esperienze coi Prototipi di classe LMP1 (telai Lola, motori V12 Aston Martin), tanto in Europa quanto negli USA.
Dalla Jordan all’Aston Martin, passando per Midland, Spyker (costruttore di originali vetture GT ma, nonostante il nome, non impegnato direttamente in F1), Force India e Racing Point. Sauber prima, Alfa Romeo oggi. Dalla Tyrrell alla Mercedes, passando per BAR, Honda e Brawn GP. In origine è la Stewart — team realmente nuovo e indipendente impegnato in F1 dal 1997 al 1999 — oggi è Red Bull, passando per Jaguar.
Jaguar e Aston Martin. Case inglesi, concorrenti tanto in strada quanto in pista, vincenti nelle ruote coperte ma accomunate, loro malgrado, da esperienze in F1 non esaltanti.
Jaguar, nella fattispecie, siede al tavolo della Formula 1 dal 2000 al 2004. Un’operazione scomposta, promossa da Ford Europa (all’epoca la Casa americana detiene la proprietà di Jaguar Cars), mal gestita, malvista dalla stessa Jaguar che, di fatto, non progetta né le vetture né i motori (vengono impiegati i V10 Cosworth) delle F1.
Insomma, nulla a che vedere con la vera tradizione sportiva della Casa di Coventry. Quella tradizione sportiva che porta il Marchio fondato da William Lyons a trionfare nelle più importanti competizioni internazionali a ruote coperte (Prototipi, GT, Turismo). Su tutte, la Jaguar si aggiudica ben sette edizioni della 24 Ore di Le Mans (1951, 1953, 1955, 1956, 1957, 1988, 1990).
Cinque stagioni che hanno prodotto scarsi risultati sportivi e concluse con una autentica “damnatio memoriae” da parte della Jaguar, mediante la distruzione di tutto il materiale promozionale inerente all’esperienza in F1.
Dal 2005, il Jaguar Racing si tramuta in Red Bull Racing. E la storia la conosciamo…
L’Aston Martin è in procinto di scrivere una nuova pagina della propria storia.
Sebastian Vettel e Lance Stroll saranno i piloti del prossimo team Aston Martin F1. Un’operazione che, a cascata, comporta e potrebbe comportare importanti movimenti all’interno del circus della F1.
Aston Martin — oggi main sponsor del Red Bull Racing (la scuderia porta il nome di Aston Martin Red Bull Racing) — verosimilmente lascerà il team di Milton Keynes (già sede dello HSBC Stewart Ford e Jaguar Racing).
Adrian Newey, direttore tecnico Red Bull, rischia di diventare una importante pedina di mercato. Ricordiamo, a tal proposito, il forte legame che unisce Sebastian Vettel al progettista inglese e la collaborazione tra Newey stesso e l’Aston Martin, dalla quale è scaturita la sbalorditiva Aston Martin “Valkyrie”.
Entrare in F1 — o più in generale, nel mondo delle competizioni — a rischio e costo zero. Se va bene, le Case ci ricameranno su, se va male usciranno senza fare troppo rumore.
In questo senso, la Ferrari può insegnare a tutti cosa significhi affrontare le competizioni mettendoci — nella vittoria e nella sconfitta — sempre la faccia.
Spendendo e, soprattutto, rischiando.