Jarama, Estoril, Barcellona e adesso Portimao. Assieme a Jerez de la Frontera, sono le piste che hanno proiettato la penisola iberica nel Mondiale di F1 negli ultimi trent’anni. Nomi diversi ma connessi da un filo di parentela evidente osservandone il disegno. Eccetto Jerez, infatti, gli altri quattro autodromi situati tra Spagna e Portogallo sembrano essere stati progettati da un’unica mente, una sorta di Hermann Tilke comune. Curiose similitudini che non sfuggono.
La prima si riscontra sulle rispettive griglie di partenza. Jarama, Estoril, Barcellona e Portimao sono tutti caratterizzati, infatti, da un rettilineo del traguardo piuttosto lungo e largo. Secondariamente, i tratti di raccordo al dritto principale dove si celebra il rito finale della bandiera a scacchi sono prevalentemente costituiti da doppie curve veloci o da curvoni-parabolica che, dall’alto, appaiono come grandi bracci di sostegno al circuito nel suo complesso. E poi c’è la sezione centrale, che fa da fulcro all’insieme mediante un layout che alterna parti miste molto tecniche in cui c’è tutto quello che chiede il pilota di F1 per esaltarsi: la frenata imponente, la bruciante accelerazione, i saliscendi e la piega da accarezzare quasi in pieno magari, anche, scordolando.
Un’analisi globale che si può anche ulteriormente dettagliare rilevando tanti punti di contatto ancora più stretti tra Estoril e Barcellona e tra Jarama e Portimao in un doppio, curioso, legame. Le prime due, oltre ai bracci che si raccordano al rettifilo dei box, mostrano analogie anche nella parte centrale. Confrontate il tratto di Barcellona tra la curva 7 e la Caixa e quello di Estoril tra la Vip e la Parabolica Interior nonché la sezione tra la Le Mans e la Pegio di Jarama e tra la Torre Vip e la curva 13 di Portimao. Con le dovute differenze, ovviamente, non rilevate una certa aria di famiglia?