F1 2020, i tanti spunti di una stagione irripetibile
Cosa resterà di questo 2020? Il Mondiale di Formula 1 2020 porta e porterà per sempre con sé i segni della pandemia di Covid-19. Un campionato condensato in pochi mesi, iniziato il 5 luglio e terminato il 13 dicembre. 17 Gran Premi — “pochi” se raffrontati alle 23 corse in programma nel 2021 — che hanno dato vita ad un campionato alquanto interessante e, a tratti, impronosticabile.
Il calendario ampiamente rimaneggiato è stato, senza dubbio, una piacevole sorpresa. Se da un lato sono state gradevoli le “emergenziali” doppie sfide in terra austriaca e inglese (Red Bull Ring e Silverstone), dall’altro si è rivelata più che mai azzeccata la scelta di correre su due tracciati diversi in quel del Bahrain.
Al canonico GP del Bahrain, disputato sul tracciato di 5412 m, è stato affiancato un interessantissimo GP di Sakhir, sfruttando il veloce e corto circuito di 3543 m, pista che le vetture di F1 percorrono in meno di 1 minuto. L’ennesimo esperimento dettato dall’emergenza Covid-19 che, invero, meriterebbe di essere bissato.
Ennesimo, appunto. Gli appuntamenti del Mugello, Portimao e Imola hanno incarnato — per chi scrive — autentiche note di merito per gli organizzatori del Mondiale di F1 2020. La Formula 1 ha un impellente bisogno di piste “old style”, fatte per emozionare piloti e pubblico appassionato. Extra campionato o parte integrante del Mondiale, la F1 ha il dovere di far contemplare tracciati oggi osteggiati, non presi in considerazione, usciti dal giro in favore delle asettiche piste nate “per-favorire-i-sorpassi”. Anche da questo aspetto, passa la riscrittura del concetto di “Formula 1”.
Un plauso sincero e sentito, in tal senso, va alla F1, alla FIA, alla Pirelli, ai team e a tutto il circus iridato, in grado di mettere in piedi — nonostante le mille difficoltà logistiche relative alla pandemia — un campionato esemplare, per svolgimento e protocolli anti Covid-19.
Sportivamente parlando, il Mondiale di F1 2020 è stato assai interessante. Lewis Hamilton e la Mercedes F1 W11-M11 EQ Performance hanno dominato senza reali avversari. L’opposizione di Valtteri Bottas si è rivelata blanda e sovente affatto convincente, Max Verstappen ha patito sfortuna e, soprattutto, una monoposto — la Red Bull RB16-Honda RA620H — globalmente non all’altezza della pressoché perfetta Mercedes. In ogni caso, il talento dei Paesi Bassi ha opposto tenace resistenza, trionfando a Silverstone (70th Anniversary Grand Prix) e ad Abu Dhabi.
La Racing Point RP20-Mercedes M11 EQ Performance è stata, senza ombra di dubbio, la vettura rivelazione. Sergio Perez e Lance Stroll hanno costantemente calcato le zone alte della classifica. Alla fine dei giochi, i tecnici Racing Point hanno avuto ragione: copiare (bene) e reinterpretare la Mercedes F1 W10 ha dato i risultati sperati. Al contempo, tuttavia, questo tanto sfacciato quanto elementare esercizio di copiato non fa onore allo staff tecnico capitanato da Andrew Green.
Più che convincenti i campionati portati a termine da McLaren e Renault. Le rispettive MCL35 e R.S.20 (entrambe spinte dalla power unit Renault E-Tech 20) hanno palesato una costante crescita, issandosi spesso e volentieri nelle posizioni di vertice. Nel 2021, la McLaren passerà ai motori Mercedes. Il solo Alpine F1 Team, pertanto, impiegherà i propulsori francesi.
Complessivamente assai positiva la stagione della Alpha Tauri AT01-Honda RA620H (rocambolesca ed emozionante la vittoria in quel di Monza grazie a Gasly), così come possiamo valutare positivamente l’annata della Williams FW43-Mercedes M11 EQ Performance. La storica scuderia britannica, benché stia attraversando un periodo di forte instabilità aziendale, è stata in grado di schierare una monoposto assai più competitiva rispetto a quella del 2019. La Williams FW43 non ha raccolto alcun punto mondiale ma è entrata nel pacchetto di mischia di vetture che lotta per entrare in zona punti. Un risultato, dunque, insperato sino ad un anno fa.
Il “pianeta Ferrari” esce da questo 2020 con le ossa rotte. La Ferrari SF1000, nonostante l’impegno profuso da Charles Leclerc e Sebastian Vettel (ormai sfiduciato e persino osteggiato dal suo stesso team), ha palesato profonde lacune motoristiche, telaistiche ed aerodinamiche. Nulla ha mai realmente funzionato sulla Rossa di Maranello.
I problemi riscontrati sulla SF1000 hanno pesantemente condizionato anche le prestazioni delle monoposto “satellite” al Cavallino, ossia Alfa Romeo/Sauber C39 e Haas VF-20. Alfa Romeo e Haas hanno racimolato rispettivamente 8 e 3 punti. Peggio di loro, solo la Williams, ferma a zero. La Ferrari, dal canto suo, ha raccolto 131 punti (6° posto in classifica Costruttori), regolando di pochi punti la Alpha Tauri (107) ma subendo l’onda di Renault, Racing Point, McLaren, Red Bull, Mercedes, lontanissime e irraggiungibili.
La Ferrari e le scuderie motorizzate da Maranello sono chiamate al riscatto. Un riscatto, invero, arduo da attuare nella sua totalità, alla luce delle numerose limitazioni tecnico-regolamentari previste nel 2021, le quali rischiano di fossilizzare e congelare anche i valori in pista.
Un fatto è certo: occorrerebbe una reale diversificazione di soluzioni tecniche tra le vetture motorizzate Ferrari. Progettare vetture eccessivamente standardizzate non paga: se va male una, vanno male tutte, in quanto i concetti base sono i medesimi. E va da sé che compensare le eventuali carenze diventa molto più complicato…
Il Mondiale di F1 2020, infine, verrà ricordato anche per il terribile incidente occorso a Romain Grosjean in quel di Sakhir. Le immagini sono già entrate nella storia della F1 e dell’automobilismo sportivo più in generale. Una tragedia sfiorata. Una serie di fortunate, imponderabili circostanze ed un sapiente progresso tecnologico in fatto di sicurezza hanno risparmiato la vita dell’ormai ex pilota della Haas.
Un 2020 da ricordare, nato e sviluppatosi in emergenza ma ricco di spunti e idee da travasare alle future stagioni di F1.
Il 2021 bussa già alla porta…