Questione di gusti. Legittimi. Certo è che, tuttavia, azzardare paragoni impossibili è sempre rischioso. Il Mondiale di Formula 1 2012 uguale a quelli del 1975, 1977, 1982, 1983 e 1985? Suvvia, ma mi faccia il piacere!
Del resto, ben poco unisce la F1 di circa e oltre 30 anni fa a quella finta e artefatta del 2012. “In realtà si tratta di sport diversi”, direbbe il buon Henri Pescarolo. Analizziamo, quindi, analogie e differenza tra ciò che fu e ciò che è.
La principale e ricorrente analogia presa in esame riguarda il numero dei vincitori dei GP. Nelle prime 8 gare del 2012, abbiamo avuto 7 diversi vincitori: Alonso (2 GP), Hamilton, Vettel, Webber, Rosberg, Button e Maldonado con 1 GP vinto ciascuno. In questo 2012, altri possibili papabili alla vittoria di almeno un GP possono essere Raikkonen, Grosjean, forse Schumacher. Nel 1975, furono ben 9 i piloti capaci di aggiudicarsi almeno 1 GP: Lauda, E.Fittipaldi, Reutemann, Hunt, Regazzoni, Pace, Scheckter, Mass, V.Brambilla. La storia non cambiò nel 1977, in un campionato molto equilibrato che vide trionfare 8 piloti diversi: Lauda, Scheckter, Andretti, Reutemann, Hunt, Jones, Nilsson, Lafitte. Ancor più thrilling il campionato 1982, ricco di episodi tragici e splendide pagine di automobilismo. Rosberg, Pironi, Watson, Prost, Lauda, Arnoux, Tambay, De Angelis, Alboreto, Patrese e Piquet si aggiudicarono almeno 1 GP. Il 1983 è un’altra stagione sul filo di lana: Piquet, Prost, Arnoux, Tambay, Rosberg, Watson, Patrese e Alboreto trionfano in almeno 1 GP. La fotocopia è servita nel 1985: Prost, Alboreto, Rosberg, Senna, De Angelis, Mansell, Piquet, Lauda sono gli 8 trionfatori in 16 GP in calendario.
Enunciata la prima analogia, vale la pena menzionare la seconda e ultima affinità che unisce virtualmente le passate annate prese in esame e questo 2012: la validità dei piloti. Oggi come ieri, in F1 militano piloti di assoluto valore. Certo, oggi si rischia infinitamente di meno (purtroppo) rispetto al passato, la F1 non è più il regno dei Cavalieri del rischio, i piloti sono più costruiti e spesso protagonisti di interviste, dichiarazioni e atteggiamenti degni di imbronciati scolaretti alimentati da appiccicosi addetti stampa-ombra. Tuttavia, Alonso e soci è gente che un’auto da corsa la sa guidare, e pure tremendamente bene.
Stop, fine delle analogie. Per il resto, appunto, si tratta di sport differenti. Nel 1975, 1977, 1982, 1983 e 1985 la Formula 1 era sinonimo di sana, esasperata, godereccia varietà tecnica: una sfida appassionante che si giocava e snodava su più fronti, senza esclusione di colpi. La F1, insomma, era ben lungi dal divenire quel monomarca camuffato che è oggi, all’interno del quale anche la più remota briciola di libertà tecnica viene e verrà inesorabilmente stritolata e repressa dalle morse dittatorial-regolamentari della FIA. Ieri, giustappunto, potevamo trovare differenti (ma tanto differenti…) interpretazioni telaistiche e aerodinamiche, forme e linee uniche e accattivanti frutto esclusivamente della fantasia e delle capacità dei progettisti e non di regolamenti astrusi, ingessanti, tirannici e inaccettabili. Ieri, potevamo trovare una varietà di motori che oggi la F1 (tutta, dalla FIA a Ecclestone passando per i team stessi) ripudia e misconosce: ieri vivevano e convivevano 4 e 12 cilindri, aspirati e Turbo, V stretti e contrapposti; il motore, in poche parole, non era ritenuto un organo accessorio congelato e relegato ad un ruolo secondario come avviene oggi, bensì era considerato, a ragione, un elemento tecnico attorno al quale si sviluppava l’essenza stessa della Formula 1. Era, in definitiva, un fattore tecnico regolamentato da pochissimi (a conti fatti, solo la cilindrata massima e, successivamente, la pressione massima di sovralimentazione dei Turbo) vincoli; pertanto, regnava la massima libertà.
Come ben sappiamo, oggi la tecnica delle monoposto di Formula 1 è una insipida brodaglia severamente e malamente regolamentata che ruota principalmente attorno alla aerodinamica, peraltro molto unificata e forzatamente standardizzata. Il motore, ormai, è come se non ci fosse.
Altro fattore in grado di scavare un profondo solco tra la F1 di ieri e quella di oggi è la gestione tecnica-sportiva dei GP. Oggi, viviamo nell’era dello “spettacolo-a-tutti-i-costi”, della patetica e stucchevole conta dei sorpassi a fine gara (finti, artificiosi e che non lasciano traccia storica poiché goffamente e artificiosamente inflazionati), dei mezzucci tecnici introdotti allo scopo di incrementare il suddetto “show” (leggi KERS, DRS, forzosi pit-stop a raffica, ridicoli pneumatici); mezzucci che, carta canta, uccidono lo spettacolo e l’imprevedibilità dei GP, elementi geneticamente e naturalmente intrinseci allo sport del motore. Viviamo nell’era dei risultati dei GP dopati e falsati dai suddetti mezzucci: piloti che si ritrovano sul podio senza neanche sapere come, quando e perché possa essere successo, portentose rimonte effettuate durante i pit-stop (sono sempre e comunque i cambi gomme a condizionare i GP).
Modi di intendere la Formula 1 esattamente agli estremi: vera, genuina, libera e priva di inutili cavilli tecnici-sportivi (ma non priva di difetti, ben inteso) quella di ieri, finta, inutilmente caotica, artefatta (ma per quale oscura ragione il pubblico deve conoscere la tipologia di mescola delle gomme grazie alle scritte gialle, rosse, argento?), ormai svuotata di contenuti tecnici e sportivi degni della fama e della storia della F1.
Il guaio è che la F1 non trova (perché non vuole trovarle!) soluzioni decenti che pongano fine a questo indecente spettacolo offerto al pubblico (che, inevitabilmente, si disamora della categoria). Eppure, basterebbe copiare il passato o altre categorie ancora decorosamente gestite. Paradosso dei paradossi: leggenda vuole che oggi circolino più denari che in passato (lo dicono tutti!), eppure, mistero dei misteri, l’automobilismo sportivo predica pauperismo, unificazioni, standardizzazioni, motori e telai unici in nome di un risparmio che non c’è e di una democraticità in pista forzosa. Guaio duplice: infatti, la F1 è ancora (a torto) presa a modello da quasi tutto il pianeta motoristico, dalle quattro alle due ruote. Brutto, gran brutto segno.
Appunto, si parlava di democraticità in pista. Tradotto: vetture pressoché identiche, quindi, tanti possibili vincitori. Anzitutto, le brevi analisi delle stagioni 1975, 1977, 1982, 1983 e 1985 smentiscono questo fatto: lo spettacolo e la sana competizione sussistono soprattutto grazie alla varietà tecnica e alla libertà regolamentare. Bene, avete voluto, cari piloti e cari team (e caro Presidente Montezemolo…) le vetture pressoché identiche, i motori congelati e tutti uguali, gli pneumatici di ricotta, i sorpassi finti, il DRS e tanto altro ancora? Ora, però, non vi lamentate se in qualifica è sufficiente beccarsi mezzo secondo per ritrovarsi in dodicesima piazza (e giù a mettere il grugno il sabato, salvo poi dire che è tutto fantastico la domenica sera dopo una vittoria piovuta dal cielo come non si sa…) e se ogni santissimo GP è condizionato dalle gomme!
Avete voluto questo forzoso “socialismo automobilistico”, eretto a suon di divieti e proibizionismi assortiti allo scopo di mettere quasi tutti sul medesimo livello? Bene (cioè male), adesso accettatene le deleterie conseguenze.
Insomma, il giochetto del paragone tra 2012 e stagioni passate non regge. Troppo poche le analogie, troppe le differenze. Onore al prossimo, futuro campione (sempre e comunque), ma, obiettivamente, il piatto piange.
Scritto da: Paolo Pellegrini