Inutile nascondersi: Charles Leclerc e la Ferrari F1-75 sono i principali candidati alla conquista del titolo mondiale. Il successo colto al GP d’Australia lancia il pilota monegasco ancor più in vetta alla classifica Piloti. 71 punti raccolti in tre GP, un bottino che ha il sapore di una autentica, prima fuga verso la vittoria finale.
Sì, è vero, siamo solo alla terza gara di questo lungo mondiale ma, come si dice, carta canta. Leclerc e la Ferrari hanno sinora dominato questo primo scorcio di campionato: due pole-position (Sakhir e Melbourne), un’altra prima fila colta in quel di Jeddah, due vittorie (Bahrain e Australia), tre giri veloci in gara, i quali sono valsi a Leclerc altrettanti punti aggiuntivi.
Al momento, solo la Red Bull RB18-Honda di Max Verstappen e Sergio Perez riescono a fronteggiare le rosse di Leclerc e Sainz. Una Red Bull, tuttavia, sì veloce ma afflitta da problemi di affidabilità. Verstappen è già al secondo KO in tre gare: punti persi che potrebbero pesare — a sfavore del pilota orange — nella corsa all’iride.
Alle spalle di Leclerc, dunque, si issa in seconda posizione George Russell (37 punti). Il pilota britannico sta ben gestendo una ostica Mercedes F1 W13 ancora non in grado di infastidire Ferrari e Red Bull per la vittoria. Grazie a condotte di gara intelligenti e accorte e approfittando dei ritiri delle Red Bull e di Sainz, Russell sta conquistando punti preziosi, relegando alle proprie spalle persino il sette volte iridato Lewis Hamilton.
Il duello al vertice, dunque, vede fronteggiarsi principalmente Ferrari e Red Bull. Ma se da un lato la monoposto curata da Adrian Newey lamenta preoccupanti lacune in termini di affidabilità, dall’altro abbiamo una Ferrari F1-75 praticamente perfetta.
Tra le rinnovate strade del circuito dell’Albert Park, anche la Ferrari ha evidenziato problemi di porpoising. Un fenomeno che affligge — chi più, chi meno — tutte le nuove monoposto di F1. La Ferrari, tuttavia — oltre a poter fare affidamento su una invidiabile affidabilità generale — sembra poter gestire il fastidioso pompaggio aerodinamico senza particolari patemi, al pari della RB18. La F1-75 risulta complessivamente assai equilibrata, di facile messa a punto, veloce in ogni condizione e in ogni pista, gentile con gli pneumatici, azionata da una power unit potente ed affidabile. Una monoposto tremendamente veloce che non sembra mostrare reali punti deboli. Insomma, i 71 punti ottenuti da Leclerc ed i 33 conquistati da Carlos Sainz (reduce, però, dal negativo weekend australiano) non sono frutto del caso o di fortuna.
La Ferrari, dunque, si avvia al GP dell’Emilia Romagna in quel di Imola — il vero GP di casa per la scuderia di Maranello — con fiducia e consapevolezza di essere la prima della classe.
Tante motivazioni ma anche tante pressioni. Nello sport, vincere aiuta a vincere. Ma, al contempo, può generare deleterie pressioni psicologiche. La Ferrari, in questo momento storico, vive proprio questo duplice fattore: da un lato l’entusiasmo dei risultati positivi, dall’altro il dover gestire “l’ansia da prestazione”.
In questo senso, tanto Leclerc quanto l’intera scuderia appaiono trasformati e rigenerati. Il pilota monegasco ha, sinora, dimostrato una maturità ed una lucidità fuori dell’ordinario. Qualità utili, essenziali e determinanti se si vuole battere campioni del calibro di Verstappen ed Hamilton.
Nel recente passato, la enorme pressione psicologica da gestire ed abilmente soffocare ha giocato brutti scherzi al Cavallino. Ricordiamo, in tal senso, le débâcle del 1997, 1999, 2010 e 2017, anni in cui Scuderia e piloti di Maranello sono stati colti sul più bello dalla famigerata sindrome del “braccino”.
Nel 1997, Michael Schumacher (Ferrari F310B) perde il titolo all’ultima gara, nel tentativo di tamponare la Williams FW19-Renault di Jacques Villeneuve. Il campione tedesco, per quella manovra, verrà persino escluso dalla classifica Piloti.
Due anni dopo è la volta di Eddie Irvine (Ferrari F399), il quale si presenta a Suzuka da leader del mondiale. Ma il pilota nordirlandese non andrà al di là del terzo posto in gara, consegnando il titolo nelle mani di Mika Hakkinen, 1° alla bandiera a scacchi.
La memoria del 2010 e del 2017 è ancora viva. In quelle due stagioni, fatali sono rispettivamente il GP di Abu Dhabi ed il GP di Singapore. In quel di Yas Marina, i sogni iridati di Fernando Alonso e della Ferrari naufragano dietro alla Renault R30 di Vitaly Petrov. Sette anni più tardi, A Marina Bay, Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen sono protagonisti di un fantozziano patatrac alla partenza: il GP che ha segnato, in negativo, la possibile conquista del mondiale da parte di Vettel. Circostanze ed episodi assai differenti ma entrambi frutto di quella proverbiale “paura di vincere” ben nota e comune a tutto il mondo dello sport.
Paura di vincere, mancanza di concentrazione e lucidità nei momenti più salienti e delicati.
Ma per altri aspetti, la stagione 2022 può assumere le sembianze di altre annate vincenti. Come, ad esempio, il 1979, anno in cui Jody Scheckter, Gilles Villeneuve e la sincera Ferrari 312T4 riescono a domare avversari che peccano in continuità o che trovano tardivamente competitività. Anche nel 2000, M.Schumacher riesce, nella prima parte di campionato, a collezionare punti preziosi che — anche a fronte della rimonta di Hakkinen e di una parte centrale di campionato deficitaria — lo condurranno al titolo Piloti.
Un copione che si ripete nel 2009. Jenson Button e la sorprendente Brawn GP BGP 001-Mercedes conquistano, nella prima metà di campionato, un bottino di punti tale da mettersi al riparo dagli assalti della Red Bull di Vettel.
Sinora, il binomio Leclerc-Ferrari F1-75 ha funzionato a perfezione. A testimonianza della bontà della vettura, gli ottimi risultati colti da Sainz, un pilota sì valido ma non dotato di quel talento cristallino al pari del compagno monegasco.
Leclerc è in fuga. Red Bull e Mercedes sono, tuttavia, avversari temibilissimi, ben attrezzati e che sanno bene come si fa a vincere.
La Ferrari deve battere il ferro finché è caldo; mettere in cascina più punti possibili in questa prima fase di campionato potrebbe comportare (il condizionale è d’obbligo) una gestione più “rilassata” della seconda parte della sfida mondiale.
Imola, a riguardo, costituisce un importante e probante banco di prova. Si tratta, infatti, di un tracciato che si discosta molto da quelli sinora affrontati. Conseguire un ottimo risultato anche sulle rive del Santerno significherebbe, per la Ferrari, porre un altro, vitale mattone nella costruzione del titolo iridato.
L’occasione è di quelle da non perdere e sprecare. Non conseguire un titolo Piloti evidentemente e palesemente a portata di mano sarebbe, per la Ferrari, motivo di cocenti rimpianti.