Nell’immaginario collettivo, è sempre esistita una sorta di dualismo tra Formula 1 e mondo delle monoposto nordamericane. Un mondo, quest’ultimo, che ha cambiato pelle molteplici volte, non senza traumi e clamorosi errori di gestione: USAC, CART, IRL, Champcar, IndyCar, serie sovente accavallatesi e scontratesi in assurde guerre fratricide. Beh, oggi è rimasta la sola IndyCar.
Ebbene, da quando è cessato – per fallimento, possiamo ben dire – il dualismo tra Champcar (erede della leggendaria CART) e IndyCar-IRL, il “circus” delle monoposto americane ha intrapreso, dal 2012, un nuovo corso tecnico, alla perenne quanto faticosa ricerca di una stabilità politico-sportivo-regolamentare e vitalità tecnica.
Nel 2012, la IndyCar – ancora ed erroneamente legata al mono-telaio Dallara – ha introdotto la nuova quanto originale Dallara DW12. A questa, la IndyCar ha pensato bene di abbinare dei nuovi motori turbocompressi, pensionando, quindi, le unità aspirate ad 8 cilindri tipiche dell’era IRL.
La Formula 1, come noto, subirà importanti – sulla carta – scossoni regolamentari a partire dal 2014. Scossoni che la avvicineranno nei contenuti tecnici alle monoposto IndyCar.
Ogni epoca ha vissuto sul dualismo – spesso tracimato in sterile rivalità – tra Formula 1 e, genericamente parlando, “Indy”. Confronti tra piloti, tra vetture, tra circuiti, tra ambienti. Un continuo palleggiamento atto a decretare in modo univoco e acritico la presunta superiorità delle monoposto di Formula 1, ignorando non solo innumerevoli fattori tecnici, regolamentari e sportivi che hanno sempre distinto le due categorie, ma anche l’importante contributo tecnologico offerto dal motorismo a stelle e strisce.
Scopo di questo articolo è avanzare una proposta di test comparativo. Una idea “pazzerella”: oggi come ieri, F1 e IndyCar hanno pochi punti di contatto. Regolamenti diversi, circuiti distanti anni luce tra loro. Tuttavia, grazie ai nuovi regolamenti e alla trasformazione dell’essenza stessa delle due categorie nel corso degli anni – la IndyCar, mono-telaio dichiarato e con molti vincoli al motore, la F1 quasi un mono-telaio/mono-motore –, è ora possibile azzardare un rinnovato confronto diretto tra le due tipologie di monoposto.
IL PESO
Sebbene sia un valore tanto spesso quanto distrattamente sottovalutato, il peso minimo regolamentare gioca un ruolo determinante per quanto concerne le prestazioni di qualsivoglia vettura da competizione.
La Dallara IndyCar DW12 presenta un peso minimo pari a 1565 libbre, ossia 709,8 Kg. Il peso delle F1, dal 2014, sarà portato sino a 690 Kg (valore calcolato senza carburante a bordo). Dunque, appena 19 Kg di differenza. Una forbice esigua, davvero inedita – prendendo in esame epoche moderne – per le due categorie in questione: da moltissimi anni, infatti, le vetture nordamericane presentano pesi minimi superiori ai 700 Kg, le F1 solo negli ultimi anni hanno toccato e poi abbondantemente oltrepassato la soglia dei 600 Kg.
Non solo: a questo peso, dobbiamo aggiungere altre masse. La IndyCar contempla serbatoi di appena 18,6 galloni statunitensi, pari a 70 litri (carburante impiegato: etanolo E85), pari, a loro volta, a meno di 70 Kg. Le F1, al contrario, dovranno imbarcare almeno oltre 100 litri di carburante, pari a 100 Kg/h, coincidente con il limite massimo di consumo consentito a gara.
Dunque, prendendo in esame peso minimo della vettura e carburante imbarcato, avremo a che fare con vetture particolarmente pesanti, in grado di sfiorare gli 800 Kg a pieno carico.
Il peso dei motori, invece, sarà così ripartito: le unità Formula 1 (le cosiddette Power Unit) dovranno pesare almeno 145 Kg (motore endotermico, sistema ERS – Energy Recovery System – e annessi cablaggi, ecc., ma prive dell’Energy Store), le unità IndyCar pesano, invece, 112,5 Kg.
I MOTORI
Saranno proprio i motori a destare il più vivo interesse nella Formula 1 dell’anno venturo. Dopo la IndyCar, anche la Formula 1 si converte ai motori Turbo. Ma se per la IndyCar si è trattato di un ritorno che, per così dire, cavalca la tradizione ultradecennale della USAC-CART inaugurata al tramonto degli Anni ’60 (e sottolineo Anni ’60…), per la F1 si tratta di un ritorno per ora in sordina, il quale intende riallacciarsi al “decennio breve” 1977-1988, arco temporale in cui i Turbo – eccezion fatta per la stagione 1986 – hanno condiviso il palcoscenico con i motori aspirati.
Dal 2012, la IndyCar adotta nuovi motori: massimo 6 cilindri (angolo del V compreso tra un minimo di 60°ed un massimo di 90°), 2200cc di cilindrata, 4 valvole per cilindro (2 di aspirazione e 2 di scarico, vietate valvole a richiamo pneumatico), massimo 4 alberi a camme in testa, alesaggio massimo pari a 95mm (misura della corsa libera), regime massimo di rotazione fissato a 12,000 giri/minuto. Consentiti due iniettori per cilindro e iniezione diretta (pressione massima carburante fornita agli iniettori: 300 bar), ma è concessa una singola candela per cilindro.
È consentita tanto la configurazione a singolo Turbo quanto quella a doppio Turbo. Il fornitore unico dei Turbo (cosa non buona e non giusta…) è la BorgWarner.
La configurazione a singolo Turbo prevede unità il cui peso è compreso tra gli 8 Kg e gli 8,71 Kg; in presenza di doppio turbocompressore, ciascuna unità presenta un peso compreso tra i 4,91 Kg ed i 5,1 Kg. La pressione massima di sovralimentazione è di 22,47 psi (pound/square inch), pari a 1,5 bar. Previsto un massimo di due valvole waste-gate, a controllo elettronico o pneumatico.
Sul fronte prestazioni, si parla di potenze comprese tra i 550 ed i 700 CV e coppie massime dell’ordine di oltre 406 Nm, pari a oltre 41 Kg/m. In più, limitatamente ai tracciati stradali e cittadini, i piloti possono usufruire di extra-potenza mediante l’attivazione di un pulsante push-to-pass: esso agisce sulla pressione di sovralimentazione del Turbo, incrementandola di 0,5 bar (da 1,5 bar a 1,6 bar).
Come già ampiamente documentato, a partire dal prossimo anno le vetture di Formula 1 disporranno dei nuovi V6 di 90° Turbo, di 1600cc di cilindrata. Riassumendo le principali caratteristiche: angolo del V esclusivamente di 90°, obbligatoriamente 6 cilindri, 4 valvole per cilindro (2 di aspirazione, 2 di scarico), contemplata la sola configurazione a singolo Turbo a geometria fissa, regime massimo di rotazione fissato a 15,000 giri/minuto, misura dell’alesaggio regolamentata a 80mm (e, dati cilindrata e alesaggio, avremo una corsa dell’ordine dei 53mm), pressione di sovralimentazione libera ma consumo carburante a gara limitato a 100 Kg/h, pari a oltre 100 litri/h.
Al motore termico, verranno abbinati, come noto, due moto-generatori elettrici, denominati MGU-K (regime di rotazione massimo di 50,000 giri/minuto) e MGU-H (regime di rotazione massimo di 125,000 giri/minuto).
L’intento della FIA è garantire potenze pari alle unità V8 aspirate: oltre 700 CV, compresa l’extra potenza derivante dal MGU-K, pari a 120 kW, ossia 163 CV. Potenze, invero, teoriche, in quanto i moto-generatori elettrici MGU-K non potranno erogare una potenza costante nell’arco di tempo: le batterie, infatti, si scaricano progressivamente ma inesorabilmente per poi essere ricaricate.
Pertanto, la sola potenza reale rimane quella erogata dal motore termico: verosimilmente si aggirerà sull’ordine dei 600 CV.
Pertanto, parliamo di unità – per quanto riguarda le prestazioni – similari, non certamente uguali e sovrapponibili ma similari, appunto. I V6 F1 gireranno più in alto, i V6 IndyCar palesano 3000 giri/minuto in meno. Le potenze sono pressoché uguali.
UN TEST COMPARATIVO? PERCHE’ NO!
Pesi simili, motori dalle caratteristiche e prestazioni simili. Ovviamente, parliamo pur sempre di vetture assai diverse in tutto e per tutto. Tuttavia, oggi più che in passato, un test comparativo può risultare gioco che può destare un certo interesse.
La partita, ovviamente, si gioca anche su altri fronti tecnici. Ad iniziare dalle dimensioni delle vetture stesse. La Dallara DW12 presenta le seguenti misure: larghezza di 2011mm, lunghezza di 5012mm, altezza di 1127mm (dal Piano di Riferimento alla camera car posta sopra la presa d’aria dinamica compresa), interassi compresi tra 2997mm e 3073mm. L’ala anteriore è larga 1803mm, quella posteriore 1079mm.
Le Formula 1, invece, sono regolamentate da una fitta selva di misurazioni al limite dell’ossessivo-compulsivo. La larghezza massima è pari a 1800mm (escluse le gomme, quindi misurata rispetto ai bordi esterni dei cerchi), l’altezza massima è di 950mm (esclusa camera car), la larghezza della carrozzeria compresa tra gli assi ruote anteriore e posteriore non deve eccedere i 1400mm, larghezza ala anteriore di 1650mm, larghezza ala posteriore di 750mm. Sbalzi: nessuna parte della vettura può trovarsi a più di 600mm dietro l’asse ruote posteriore (in pratica, alettone ed altri elementi) o a più di 1200mm davanti l’asse ruote anteriore. Nessuna parte di carrozzeria a più di 200mm dalla linea di mezzeria può trovarsi a più di 1000mm davanti l’asse ruote anteriore.
Le misure fondamentali, tuttavia, non sono regolamentate con precisione, oppure sono regolamentate per vie indirette. Il passo, ad esempio, è libero, ma di fatto il regolamento è fatto in modo tale da impedire passi inferiori i 3 metri. È così che oggi – sia per imposizioni regolamentari assortite che per scelte dei costruttori – le F1 sono caratterizzati da interassi stratosferici: oltre 3 metri e 30-40 centimetri. La lunghezza massima è anch’essa libera e, come le IndyCar, si aggira sui 5 metri.
Sul fronte aerodinamico, la Dallara DW12 si presenta vettura razionale ma non facile da mettere a punto. Essa viene offerta in due configurazioni: ad alto carico e basso carico, quest’ultima impiegata solo ed esclusivamente negli ovali veloci.
La DW12 è una vettura ad effetto suolo (presente un considerevole wind-tunnel in corrispondenza del fondo vettura) e capace di generare 4600 pounds (2086 Kg) di carico aerodinamico ad oltre 320 Km/h. Anche le ali, benché molto semplici, garantiscono elevati standard di efficienza.
Le IndyCar, a differenza delle F1, possono usufruire di maggior downforce prodotta tramite il fondo vettura: infatti, la Dallara DW12 presenta un fondo anzitutto più esteso (equivalente ad una maggiore impronta a terra), quindi palesa un vistoso – ma non eccessivo, purtroppo – profilo estrattore posteriore, caratterizzato da sbalzi sensibilmente più generosi rispetto al diffusore delle F1.
Il profilo estrattore delle Formula 1, infatti, è stato via, via sempre più ridotto nelle sue dimensioni. Oggi, questo elemento, che un tempo lavorava portate d’aria assai ingenti, presenta i seguenti sbalzi: 1000mm di larghezza, 125mm di altezza, 350mm di lunghezza. In pratica, un mini-estrattore, nulla a che fare con le mirabolanti capacità aerodinamiche ripetutamente descritte con eccesiva disinvoltura…
Le F1, come sappiamo, saranno, dal 2014, ulteriormente “castrate” al livello aerodinamico, specie per quanto riguarda l’ala posteriore e l’assenza del contributo aerodinamico offerto dagli scarichi.
Diversità in ogni settore: le IndyCar usano dischi in carbonio (pinze a 6 pistoncini) da 328mm di diametro e 30mm di spessore (impianto frenante fornito dalla Brembo), le F1, invece, impiegano dischi in carbonio da 278mm di diametro e 28mm di spessore.
Differenze anche nelle ruote. La IndyCar impiega ruote anteriori da 10” di larghezza e 15” di diametro e posteriori da 14” di larghezza e 15” di diametro. Sul fronte gomme (fornite dalla Firestone), ecco le misure: anteriori da 10.0/25.8R15, posteriori da 14.5/28.0R15. Quindi, gomme anteriori larghe 25,4cm e alte 65,5cm, gomme posteriori larghe 36,8cm e alte 71cm.
Come si evince, i dischi freno di maggior diametro delle IndyCar sono diretta conseguenza dei cerchi da 15 pollici, in luogo dei 13 pollici in uso in F1.
In F1, le ruote complete devono rispettare le seguenti misure: la larghezza di quelle anteriori deve essere compresa tra i 305mm ed i 355mm, al posteriore tra i 365mm ed i 380mm. Il diametro è uguale sia anteriormente che posteriormente: 660mm per gomme da asciutto, 670mm per gomme da bagnato (10mm in più dovuti alla presenza della scolpitura del battistrada).
Infine, per quanto riguarda il cambio, la IndyCar si affida ad un XTrac a sei rapporti e comando sequenziale al volante, la F1, dal 2014, si avvarrà di un cambio ad otto marce, naturalmente con paddle al volante. Frizione, in entrambi i casi, multidisco a secco.
TEST COMPARATIVO: MOLTE ANALISI MA A PARITA’ DI CIRCUITO
La carne al fuoco sarebbe molta e abbondante. Sebbene assai diverse, un raffronto ravvicinato tra le due tipologie di monoposto, oggi, avrebbe più senso.
Molteplici i parametri da analizzare e verificare: accelerazione, risposta del Turbo, maneggevolezza, velocità di punta (negli ovali veloci le attuali IndyCar superano i 370 Km/h), frenata, modalità d’impiego, consumi (stimolante paragonare questi valori a fronte delle diverse tipologie di carburante impiegate) e così via.
Purtroppo, IndyCar e Formula 1 non condividono alcun circuito, nemmeno quell’Austin che oggi spopola in ogni categoria internazionale e nazionale statunitense.
Rimangono questa idea, un po’ matta, un po’ realistica, e quella voglia di vedere in azione due vetture così ancora profondamente diverse ma che, all’atto pratico, potrebbero risultare più simili di quanto si osi immaginare e pronosticare.
Un test che, considerando evoluzione-involuzione delle due categorie, potrebbe raccontarci qualcosa di interessante. Inedito, forse…
Scritto da: Paolo Pellegrini