L’epopea dei motori 10 cilindri Ferrari di Formula 1 può essere concretamente divisa in due distinti periodi: quello che va dal 1996 al 2000 ed un secondo, ultimo periodo che va dal 2001 al 2005.
A dividere questi due archi temporali vi è il Regolamento Tecnico FIA. Dal 1995 al 2000, infatti, le norme tecniche prescrivono motori aspirati di cilindrata massima pari a 3000cc; il numero massimo di cilindri è fissato a 12. Nel 2001, però, la FIA mette in atto un cambiamento epocale, in negativo, obbligando i motoristi a realizzare solo ed esclusivamente propulsori 10 cilindri. L’angolo tra le bancate è libero, così come il regime massimo di rotazione. Il numero massimo delle valvole per cilindro è pari a 5. Dunque, se sino al 2000 il frazionamento 10 cilindri costituisce una alternativa tra le tante possibili e contemplate (convivono, infatti, 8, 10 e 12 cilindri), dal 2001 al 2005 diviene una mera imposizione regolamentare. A tal proposito, ricordiamo che la Toyota aveva intenzione di proporre, in previsione del proprio debutto in Formula 1, un 12 cilindri; il cambio regolamentare poneva fine a questo progetto. Stessa sorte spetta al 12 cilindri Cosworth, progetto anch’esso ucciso dalle norme FIA.
La Ferrari F310 inaugura questo corso tecnico, inedito per la Casa di Maranello. Questa bellissima vettura, dunque, è la prima monoposto di Maranello ad essere spinta da un motore 10 cilindri. Un “punto di rottura” col passato, legato ininterrottamente, dal 1989 al 1995, ai V12. La F310 è il frutto del lavoro di progettisti di assoluto livello: John Barnard, Gilles Simon, Paolo Martinelli nel ruolo di Direttore Tecnico del settore motori. Il motore 046 è un 10 cilindri in V di 75°, interamente realizzato in alluminio. La cilindrata totale è pari a 2998,07cc, le misure di alesaggio e corsa sono pari a 92 mm x 45,1 mm, il rapporto di compressione è di 12,5:1. La potenza massima si attesta attorno ai 715-720 CV a 15,500-16,000 giri/minuto. La distribuzione, bialbero in testa, si avvale di 4 valvole per cilindro.
Vettura originale anche dal punto di vista aerodinamico. Le fiancate, infatti, riprendono e attualizzano i concetti aerodinamici visti sulla fallimentare ma rivoluzionaria F92A del 1992 di Jean-Claude Migeot. Due le versioni base della F310: nata a muso basso-rialzato (presente il prolungamento centrale del fondo tipico delle vetture a muso alto ed introdotto dalla Tyrrell 019 nel 1990; questo prolungamento – oggi soprannominato “tea tray” – è assente sulla 412T2 del 1995), verrà modificata a campionato in corso grazie all’adozione di un caratteristico muso alto. Ad oggi, la F310 del 1996 rimane tra le vetture di F1 più interessanti ed apprezzate di sempre.
In foto, Eddie Irvine al volante della prima, bellissima versione della F310 a muso basso. Quindi, Michael Schumacher alla guida della aggressiva F310 a muso alto. Si notino le pance laterali concettualmente simili a quelle della F92A, al cui interno trovano posto i radiatori in posizione molto arretrata.
La F310B del 1997 è un progetto interamente nuovo: via (per l’ennesima volta) John Barnard, arrivano Rory Byrne e Ross Brawn. Assai meno originale della F310 dell’anno precedente, essa palesa linee e soluzioni più convenzionali ed una impostazione generale più vicina alla Williams FW18-Renault (muso alto e stretto) che aveva dominato la stagione 1996 con Damon Hill e Jacques Villeneuve (vettura che si evolverà nella FW19 del 1997). Il motore – sigla 046/2 – si pone quale evoluzione del primo V10 046 del 1996: pur mantenendo inalterata l’architettura generale (v10 di 75°), esso presenta nuove misure di alesaggio e corsa (95 mm x 42,3 mm, la cilindrata è ora di 2998,31cc contro i 2998,07cc del 1996), un rapporto di compressione più basso (12:1) ma una potenza massima incrementata sino a superare i 730 CV a 16,000 giri/minuto.
Michael Schumacher in azione sulla F310B nel 1997.
Nel 1998, la F1 conosce una importante rivoluzione, purtroppo ancora in negativo: la larghezza totale delle monoposto viene ridotta a 1800 mm (dal 1993 al 1997 è di 2000 mm), al contempo vengono introdotti gli pneumatici scanalati (3 scanalature per le gomme anteriori, 4 per le posteriori; dal 1999, 4 scanalature tanto anteriormente quanto posteriormente), in vigore sino al 2008 e finalizzate (nelle intenzioni dei legislatori FIA…) a contenere le prestazioni delle vetture. La Ferrari schiera la F300, monoposto ancora firmata da Rory Byrne. Il 10 cilindri di Maranello – sigla 047 – subisce rilevanti modifiche. L’angolo tra le bancate è ora di 80°, così da abbassare il baricentro della vettura. La cilindrata totale è pari a 2996,62cc. Le misure di alesaggio e corsa sono pari a 96 mm x 41,4 mm. Potenza e numero di giri in netta ascesa: 805 CV a 17,3000 giri/minuto, ad un rapporto di compressione di 12,3:1.
La F399 del 1999 si presenta quale logica evoluzione – per quanto concerne motore, aerodinamica, sospensioni – della valida F300.
In foto, Mika Salo, in sostituzione di un infortunato Schumacher. Il bravo finnico ottiene due podi: 2° (cederà la vittoria a Irvine) ad Hockenheim, 3° a Monza.
Un nuovo cambio di rotta si ha nel 2000, con la F1-2000. Il rinnovato progetto di Byrne, infatti, si avvale di un nuovo V10, siglato 049. Si tratta di un 10 cilindri in V di 90°, angolo che consente un ulteriore abbassamento del baricentro. Le misure di alesaggio e corsa sono inalterate rispetto alla generazione di V10 di 80° (96 mm x 41,4 mm). Immutata anche la cilindrata totale di 2996,62cc. Le valvole (4 per cilindro a richiamo pneumatico, i due alberi a camme in testa per bancata sono comandati mediante cascata di ingranaggi) sono inclinate tra loro di circa 20°; il diametro delle valvole di aspirazione è di circa 40 mm, quello delle valvole di scarico di circa 33 mm. La potenza massima si attesta attorno agli 810 CV a 17,600 giri/minuto.
Schumacher impegnato al volante della F1-2000, monoposto che riporta a Maranello il titolo Piloti assente dal 1979.
L’architettura introdotta nel 2000 resiste sino al tramonto dell’era dei V10 aspirati di 3000cc. Continuamente sviluppati, aggiornati ed alleggeriti, i V10 di 90° di Maranello sbaragliano la concorrenza, benché vi siano motori più potenti – ma meno affidabili, ad esempio BMW, Honda, Toyota – delle unità italiane. È questo, invero, il punto di forza della Ferrari: non solo un pilota – Schumacher – ineguagliabile, non solo vetture ben concepite e ben realizzate sotto il profilo telaistico-aerodinamico, ma soprattutto una famiglia di propulsori potente e affidabile, in ogni pista e condizione regolamentare.
Lo 050 del 2001 eroga circa 830 CV a 17,300 giri/minuto, lo 051 del 2002 tocca oltre 835-840 CV ad un regime massimo di rotazione dell’ordine dei 18,000 giri/minuto, lo 052 del 2003 pare eroghi oltre 850-860 CV ad oltre 18,500 giri/minuto. Le potenze dei V10 dei primi Anni 2000 raggiungono, così, valori inauditi, impensabili sino a pochi anni prima: 900 ed oltre cavalli a 19,000 ed oltre giri/minuto (c’è chi tocca i 20,000 giri/minuto). Valori da motore Turbo.
In successione: Rubens Barrichello al volante della elegante F2001, quindi Schumacher in azione su F2002, vettura che consente al pilota tedesco di aggiudicarsi 10 GP su 17 in calendario. In Australia, infatti, la vittoria giunge ancora alla guida della F2001 ereditata dal 2001. Barrichello, nel 2002, vince in quattro occasioni.
L’arco temporale che va dal 1996 al 2005 ha contribuito a riportare in auge il blasone della Ferrari in F1, ridimensionato ed appannato da stagioni di vacche magre, sovente assai negative e confuse. Le monoposto di Maranello, tornate gradualmente ma inesorabilmente competitive, fanno scuola: ad esse dobbiamo molte soluzioni e brillanti intuizioni divenute poi generalizzate e tutt’ora in uso.
Sportivamente parlando, si tratta di un’epoca particolarmente nota anche alle nuove generazioni, temporalmente vicina e che necessita di ben poche presentazioni. La memoria dei successi Ferrari dei primi Anni 2000 è ancora viva. Gli uomini provenienti dalla vincente Benetton (ma non solo loro…) trasformano positivamente un ambiente sì in netta ripresa a partire dal 1994 ma ancora non a fuoco. Il pilota di punta, manco a dirlo, è Michael Schumacher, già campione del Mondo nel biennio 1994-1995. Quelle Benetton – la B194-Cosworth V8 del 1994 e la B195-Renault V10 del 1995 – progettate da Rory Byrne sotto la direzione tecnica di Ross Brawn. I conti, insomma, tornano.
Schumacher inizia a macinare pole-position e vittorie sin dal 1996: quattro pole e tre vittorie (Barcellona, Spa-Francorchamps, Monza). Chiude al 3° posto il Mondiale Piloti (59 punti) alle spalle del duo Williams (Hill a quota 97 punti, Villeneuve a 78). Eddie Irvine ottiene solo 11 punti (10° in classifica generale). La Ferrari chiude al 2° posto il Mondiale Costruttori. Nel 1997, la lotta al vertice tra Schumacher e Villeneuve trova in quel di Jerez il proprio beffardo epilogo. Eppure il tedesco si batte alla pari: 3 pole-position, 5 vittorie (Monaco, Canada, Magny-Cours, Spa-Francorchamps, Suzuka). Irvine chiude al 7° posto il Mondiale Piloti, Schumacher (teoricamente 2° con 78 punti, alle spalle del canadese della Williams, a quota 81) viene squalificato (la sanzione è sin troppo severa): revoca di tutti i punti ed estromissione dalla classifica Piloti. La Ferrari è ancora seconda nel Costruttori. Se non è la Williams, è la McLaren di Mika Hakkinen a battere una Ferrari ormai matura per quel titolo Piloti che manca dal 1979. Schumacher è 2° nel 1998 (6 vittorie), Irvine – trovatosi, a seguito dell’infortunio di Schumacher in quel di Silverstone, a lottare clamorosamente per l’iride – è 2° nel 1999 (4 vittorie per il britannico, 2 per il tedesco). Encomiabile la stagione del pilota britannico: è battuto da Hakkinen per soli 2 punti (76 a 74), in quella che si rivela essere una annata equilibrata. La Ferrari, in quello strano 1999 che vede al volante della F399 anche l’ottimo Mika Salo, si consola col titolo Costruttori: 128 punti per Ferrari, 124 per McLaren-Mercedes.
Poi arriva il 2000 e Michael Schumacher non si ferma più. Cinque Mondiali Piloti consecutivi (2000, 2001, 2002, 2003, 2004), accompagnati da altrettanti titoli Costruttori: le pole-position e le vittorie del fenomeno tedesco diventano una rassicurante tradizione domenicale dei primi Anni 2000. Il binomio Ferrari-Schumacher (F2002 e F2003-GA) soffre solo nel 2003: per soli due punti (93 a 91), Schumacher piega la tenace resistenza di Kimi Raikkonen (McLaren Mp4/17D-Mercedes). Un campionato equilibrato in cui, però, il campione ferrarista si aggiudica ben 6 GP contro una sola vittoria conseguita dal finlandese, futuro campione del mondo con Ferrari. Bene anche la Williams FW25-BMW condotta da Juan-Pablo Montoya, il quale totalizza 82 punti ed ottiene due vittorie.
Anche il fedele scudiero Rubens Barrichello si dimostra pilota veloce e consistente: dal GP di Germania del 2000 a quello di Cina del 2004, il brasiliano è sul gradino più alto del podio per ben nove volte. Inoltre, dal GP di Gran Bretagna 2000 ad Interlagos 2004, realizza 11 pole-position. Il trinomio Ferrari F2004-Schumacher-Barrichello ammutolisce la concorrenza. Il 2004 è l’anno dei record: Schumacher fa suoi 13 GP su 18 in calendario. Barrichello, dal canto suo, vince a Monza e in Cina: 15 vittorie firmate Ferrari su 18 GP. Numeri che descrivono appieno la forza della Scuderia italiana in quel periodo. Domini che vanno e vengono, ieri Ferrari, recentemente Mercedes. It’s racing.
La stagione dei V10 di Maranello si esaurisce nel 2005. La F2004M (M sta per “Modificata”) – vettura del 2004 aggiornata ai nuovi regolamenti – e la nuova F2005 (Aldo Costa ne è il progettista) si rivelano monoposto scarse, peraltro gommate da pneumatici Bridgestone globalmente inferiori ai Michelin. Fernando Alonso e la Renault R25 dominano la stagione. Schumacher non va oltre il 3° posto in campionato (62 punti, contro i 133 di Alonso ed i 112 di Raikkonen, quest’ultimo su McLaren Mp4/20 Mercedes), Barrichello chiude addirittura 8° (38 punti).
In foto, Schumacher al volante della imbattibile F2004. Di seguito, la poco competitiva F2005, vettura che vince solo in occasione del discusso GP degli Stati Uniti, a Indianapolis, disertato per ragioni di sicurezza dai team gommati Michelin.
Una stagione sottotono, quella 2005, che invero non offusca quanto di straordinario fatto dalla Ferrari con le monoposto motorizzate 10 cilindri. Titoli mondiali vinti o ripetutamente accarezzati, vetture che hanno scritto la storia della F1 e dell’automobilismo sportivo più in generale, uno staff tecnico e sportivo affiatato e di altissimo livello, un pilota – Michael Schumacher – pedina determinante nella completa e definitiva rinascita del Cavallino.
1996. Proprio in maggio, a Imola, Schumacher otteneva la prima pole-position al volante di una Ferrari. Il 2 giugno seguente, conquistava la prima vittoria alla guida di una Ferrari, la immortale F310. Barcellona, nubifragio, ma Schumacher sembrava volare. I primi capolavori non si scordano mai…
Scritto da: Paolo Pellegrini