Blistering e Graining in Formula 1 | La guida definitiva e completa
Guida completa al blistering e graining in Formula 1: che cos’è il blistering, perché si genera blistering e graining e in che condizioni. Foto e video.
vi spiegheremo tutto quello che c’è da sapere su blistering e graining in Formula 1: da che cosa sono, al perché si generano, da quali condizioni favoriscono la loro comparsa al perché è tanto temuto e che cosa possono fare tecnici, ingegneri e piloti per provare a limitare blistering e graining.
Per conoscerli a fondo ed evitare di confonderli, abbiamo deciso di fare un’analisi tecnica completa che parte da come funziona uno pneumatico di Formula 1 per poi arrivare a spiegare che cosa sono e cosa comportano blistering e graining.
Uno pneumatico da Formula 1 ha una struttura apparentemente semplice ma che, se analizzata nel dettaglio, si rivela estremamente complessa. Prima di tutto è composto da due elementi ben distinti: il cerchio, cioè la parte metallica che funziona da contenimento per il pneumatico e permette il collegamento con la monoposto, e lo pneumatico vero e proprio, ovvero la parte di gomma nera a contatto con l’asfalto.
Lo pneumatico vero e proprio è a sua volta diviso in tre parti: la prima è il battistrada, ovvero la parte più esterna della gomma a contatto con l’asfalto e quella soggetta ad usura; la seconda è la carcassa, che si trova subito sotto il battistrada, con base in kevlar e costituisce lo scheletro del pneumatico. E infine la zona che si trova tra la carcassa e il cerchione. Questa zona è vuota in quanto non composta da materiali allo stato solido, se non per le pareti laterali del pneumatico, chiamate cinture, ma al suo interno contiene un gas a base di azoto, il quale, essendo secco, non presenta umidità, evitando così fenomeni di condensazione oltre a mantenere più a lungo la pressione di gonfiaggio.
Per quanto riguarda il battistrada non ci è dato sapere nel dettaglio la composizione vera e propria anche se è facile immaginare che si tratta di una matrice gommosa con fibre al suo interno. Definito quindi uno pneumatico da Formula 1 è giunto il momento di capire come funziona effettivamente.
PNEUMATICI F1: COME FUNZIONANO
Come abbiamo detto la gomma ha il compito di consentire lo spostamento della monoposto, quindi le prime forze a cui è soggetta sono quelle del peso della vettura e quelle generate dalle continue accelerazioni e frenate che il pilota fa durante la percorrenza di un giro di pista. A queste però dobbiamo aggiungere le forze laterali che si presentano durante la percorrenza di una curva e che vanno a deformare la gomma stessa. Prima di passare all’analisi tecnica dei due fenomeni, blistering e graining, è molto interessante guardare il pneumatico anche dal punto di vista delle temperature di esercizio.
Il battistrada si divide in tre zone ben distinte grazie alle temperature raggiunte. La zona più esterna, gialla, ha temperature di esercizio più basse che raggiungono i 115-125 gradi Celsius, mentre quella intermedia ha circa 5 gradi Celsius in più. Tuttavia è nella spalla interna, fascia rossa, dove si misurano le maggiori temperature che possono arrivare tranquillamente a 135 gradi Celsius.
Il discorso sulle temperature di esercizio ci è molto utile in quanto ci consente di definire il primo dei due fenomeni che affronteremo in questo articolo, ovvero il blistering.
Il Blistering in Formula 1
Prima di tutto il termine blistering è una parola inglese, significa “vescica” e apparentemente non ha alcun nesso con la Formula 1. Quando abbiamo parlato della struttura dello pneumatico, abbiamo detto che si divide in tre parti e questo fenomeno interessa proprio due di queste tre parti. A dire la verità, per vedere come si genera il blistering, dobbiamo andare nella zona di contatto tra la parte superiore della carcassa e quella inferiore del battistrada.
Nel momento in cui le temperature sono troppo elevate possono crearsi alcune bolle d’aria tra la carcassa e il battistrada e con il passare del tempo queste bolle escono dallo pneumatico strappando una piccola porzione del battistrada e andando a creare dei veri e propri crateri.
TEMPERATURE e BLISTERING IN F1
Prima di tutto il termine blistering è una parola inglese, significa “vescica” e apparentemente non ha alcun nesso con la Formula 1. Quando abbiamo parlato della struttura del pneumatico, abbiamo detto che si divide in tre parti e questo fenomeno interessa proprio due di queste tre parti. A dire la verità, per vedere come si genera il blistering, dobbiamo andare nella zona di contatto tra la parte superiore della carcassa e quella inferiore del battistrada.
Nel momento in cui le temperature sono troppo elevate possono crearsi alcune bolle d’aria tra la carcassa e il battistrada e con il passare del tempo queste bolle escono dal pneumatico strappando una piccola porzione del battistrada stesso e andando a creare dei veri e propri crateri.
DA COSA E’ GENERATO IL BLISTERING?
Le cause di questo fenomeno di blistering sono molteplici e la maggior parte delle volte non dipendono dalla struttura della gomma bensì dalla vettura. Basti pensare ad esempio che in alcune gare solo alcune monoposto presentano blistering mentre altre no.
La causa più comune di generazione di blistering sono legate a problemi di assetto: quando la vettura ha un’aderenza inferiore a quella richiesta dalla pista, oppure quando un pilota presenta uno stile di guida particolarmente aggressivo, sul pneumatico si producono queste bolle d’aria. Tuttavia non sempre dipende dalla monoposto perché se le temperature dell’asfalto sono molto elevate e la vettura ha un setup più aggressivo, il blistering non tarda ad arrivare.
A rigor di logica, la gomma con dei crateri profondi dovrebbe perdere prestazione, ma non sempre è così. Il blistering infatti non influenza tanto la prestazione della gomma anche se ne aumenta il livello di usura. Inoltre il blistering può essere in qualche modo gestito dal pilota con uno stile di guida più morbido. In conclusione il blistering è un fenomeno tanto indesiderato perché fa usurare il pneumatico più velocemente e in modo non omogeneo, mentre la prestazione resta, per quanto possibile, su buoni livelli.
Il Graining in Formula 1
Il fenomeno del graining invece si presenta sotto forma di macchie scure sulla gomma. Ma per comprendere meglio questo fenomeno, dobbiamo parlare sia di circuiti che di vetture.
Quando i piloti scendono in pista e iniziano a girare per la prima volta su un tracciato poco utilizzato durante l’anno, si trovano davanti ad una pista green e scivolosa. Questo perché non ha ancora uno strato di gomma depositato sull’asfalto che aiuta a generare grip. Il pneumatico tende quindi a scivolare e a creare dei riccioli sulla superficie che restano attaccati al battistrada stesso. Questi riccioli non forniscono aderenza adeguata e, una volta innescato il fenomeno del graining, difficilmente si può gestire o fermare.
Il graining però non dipende solo dall’aderenza offerta dalla pista. Anche il setup della vettura gioca un ruolo fondamentale. Se il downforce generato non è sufficiente per tenere ben aderente la monoposto all’asfalto, questa inizierà a scivolare e ad innescare graining sugli pneumatici.
Altro parametro importante sono le temperature. Come ben sappiamo le gomme hanno delle temperature di esercizio che rappresentano la cosiddetta finestra o working range in cui è possibile ottenere il massimo della prestazione. Ad inizio gara però le temperature delle gomme potrebbero non essere adeguate e quindi se il pilota inizia a spingere sugli pneumatici fin da subito potrebbe portare la gomma ad uno sforzo eccessivo e di conseguenza potrebbe portare alla generazione di graining.
Solitamente, una volta innescato, questo fenomeno non si riesce ad arrestare. Va quindi a peggiorare giro dopo giro, influenzando negativamente la prestazione della monoposto. Per questo motivo, molte volte, la gestione del pneumatico nelle prime fasi di gara diventa cruciale perché a freddo il pilota deve avere la capacità di forzare i tempi senza però esagerare.
Scritto da: Simone Nencioni