La prima uscita della nuova rubrica “#unforgettableF1” è dedicata ad un team che non esiste più da ormai dieci anni, ma che nel decennio degli anni ’90 fece sognare i propri tifosi. Stiamo parlando della Jordan, team costituito nel 1980 dall’ex pilota irlandese Eddie Jordan dopo buoni risultati ottenuti precedentemente nelle serie minori.
La Jordan fece il suo debutto in Formula 1 solo nel 1991, ma precedentemente la scuderia irlandese si fece notare con il nome di “Eddie Jordan Racing”. Il vulcanico imprenditore infatti, oltre al merito di aver formato un team sempre più vincente nel corso degli anni, è stato riconosciuto più volte come un attimo talent scout già a partire dagli anni ’80. In quel decennio infatti sedettero sul sedile delle proprie monoposto giovani piloti di belle speranze come Martin Brundle, Johnny Herbert e Jean Alesi. Questi ultimi due in particolare furono gli artefici dei grandi successi del team, che vinse prima, con Herbert, un titolo di Formula 3 inglese nel 1987, mentre nel 1989 arrivò il primo posto nella Formula 3000 con il promettente francese.
L’esordio in F1
Dopo le convincenti vittorie, i tempi furono maturi per il grande salto di categoria. Nel 1990 la Jordan venne ufficializzata come team partecipante per il campionato 1991 dalla FIA, ed Eddie Jordan cambiò il nome del team in “Jordan Grand Prix”. Lo stesso irlandese scelse poi i suoi primi due piloti, affidando il volante ad una giovane promessa come Bertrand Gachot ed ad un pilota molto più esperto ed italiano come Andrea De Cesaris. Le prime gare del nuovo team furono abbastanza deludenti, anche se i risultati ottenuti in qualifica spesso stupivano la concorrenza. Ad ogni modo si registra un cambio di marcia a partire dal Gran Premio del Canada, quando entrambi i piloti tagliano il traguardo a punti per la prima volta nella breve storia del team. E’ anche l’inizio di un periodo particolarmente brillante per Gachot, che dopo aver ottenuti altri piazzamenti a punti fa registrare il primo giro più veloce in gara (in Ungheria)per il team. Tutto sembra andare liscio per il belga, ed invece le cose cambiano bruscamente alla viglia del Gran Premio del Belgio. Nel corso di una lite con un tassista a Londra, Gachot si difende spruzzandogli negli occhi uno spray urticando, che è però bandito in Inghilterra. Bertrand viene incredibilmente arrestato, e mentre si trova dietro alle sbarre si apre uno dei capitoli più belli e vincenti dell’intera storia della Formula 1. Per sostituire il belga, Jordan chiama al suo posto un giovane ragazzo tedesco destinato ad una carriera strabiliante: Michael Schumacher. A Spa, Schumy è protagonista di un incredibile settimo posto in qualifica, ma in gara è costretto quasi subito al ritiro. Poco importa. Se oggi Schumacher è un nome famosissimo, lo si deve anche all’intuizione di Eddie Jordan. La Benetton intanto, compreso il talento di Schumacher, lo ingaggia a partire dalla gara successiva, lasciando nuovamente il posto libero. L’irlandese chiama prima Roberto Moreno, e per le ultime tre gare fa debuttare un altro giovane, bolognese doc, che diventerà una leggenda soprattutto negli Stati Uniti: Alex Zanardi.
1992/1993, anni ricchi e difficili
Nel 1993, dopo la brutta esperienza con Yamaha, la Jordan passa ai nuovi motori Brian Hart, cambiando nuovamente entrambi i piloti, ma non le nazionalità. Al posto di Modena arriva Ivan Capelli, voglioso di riscatto dopo una stagione travagliata in Ferrari, e per il post-Gugelmin arriva un giovane brasiliano molto promettente di nome Rubens Barrichello. Dopo sole due gare, Capelli lascia il team e viene rimpiazzato dal belga Thierry Boutsen. Complice anche problemi di adattamento con la monoposto, Boutsen non coglie particolari soddisfazioni e lascia anch’egli. Al suo posto si alternano per una gara ciascuno due piloti italiani come Marco Apicella ed Emanuele Naspetti, ma in occasione del Gran Premio del Giappone accade qualcosa. Barrichello infatti, dopo prestazioni convincenti, coglie un ottimo quinto posto proprio davanti ad un nuovo compagno di squadra nordirlandese legato inconsapevolmente ad un destino analogo a quello di Barrichello: Eddie Irvine.
Il binomio Irvine/Rubinho
Nel 1995, con il passaggio dal motore Hart a Peugeot, i due piloti ottengono altri due podi in un campionato comunque difficile. Barrichello ottiene un ottimo secondo posto in Canada, mentre Irvine, che dal 1996 passerà in Ferrari, arriva terzo, proprio in Canada.
1996, compare la livrea gialla:
Nel 1997 Jordan è quindi costretto a mettere sotto contratto altri due piloti, scegliendo ancora una volta un Schumacher. Non Michael, ma Ralf, che proprio in quell’anno debutta in Formula 1 al fianco del romano Giancarlo Fisichella. Dopo due gare da dimenticare, il fratello del grande campione coglie un terzo posto in Argentina, mentre Fisichella ottiene altri due podi. Terzo in Canada (circuito particolarmente amico del team irlandese) e addirittura secondo in Belgio.
1998/1999, gli anni d’oro della “Grande Jordan”:
Nel 1999 il suo sedile viene occupato da un connazionale come Heinz-Harald Frentzen. Con il nuovo pilota tedesco, ha inizio l’anno più bello e memorabile dell’intera esperienza della Jordan in Formula 1. Mentre Hill non brilla affatto, Frentzen conquista la bellezza di ben sei podi complessivi, tra i quali spiccano le vittorie nei gran premi di Francia ed Italia. I risultati ottenuti gli consentono addirittura di lottare per la conquista del titolo mondiale, con una battaglia che si concluderà solo a tre gare dalla fine. Ad ogni modo la Jordan e Fretzen chiudono terzi nei rispettivi campionati, stabilendo il miglior punteggio ottenuto nella storia del team.
Gli anni 2000 e l’inesorabile declino
Negli anni seguenti infatti, dal 2001 al 2005, saranno pochissimi i piazzamenti a punti, mentre saranno parecchi i piloti che si susseguiranno alla guida della Jordan. Gli unici momenti degni di essere ricordati sono l’ultima ed inattesa vittoria di Giancarlo Fisichella in Brasile nel 2003, ed il terzo posto ottenuto dal portoghese Thiago Monteiro nel Gran Premio degli USA, gara che però passa alla storia per lo scandalo dei soli sei piloti presenti sulla griglia di partenza.
Proprio nel 2005, dopo quattro vittorie, 19 podi, 2 pole position e 2 giri veloci, la Jordan chiude per sempre la sua esperienza in Formula 1. Eddie Jordan infatti decide di vendere il team, che verrà assorbito nel 2006 dalla Midland. Quest’ultima, nel 2007, passerà alla Spyker, e successivamente si andrà incontro alla costituzione della Force India nel 2008.
Oggi Eddie Jordan lavora per l’emittente televisiva BBC Sport, seguendo le tappe del campionato di Formula 1 in qualità di opinionista ed inviato, oltre ad apparire qualche volta sul podio per intervistare a caldo i piloti.
La Jordan è stata senza ombra di dubbio una delle storia da “grande decaduta” della Formula 1. In questo team si sono succeduti giovani piloti che, in un modo o nell’altro, si sono affermati come campioni di alto livello col proseguire della loro carriera. E’ stato un team che ha vinto e ha fatto sognare, conservando la tipica immagine dell’allievo che cercava di battere i maestri, talvolta riuscendoci. Anche se è stata intervallata nel corso degli anni, la Jordan è stata come una piccola fiaba senza un lieto fine che avrebbe certamente meritato.
Infondo, sotto vari punti di vista, a tutti noi appassionati manca il vedere una vettura gialla sfrecciare sui circuiti di tutto il mondo.
Perché, diciamocela tutta, la Jordan la conserviamo nei nostri ricordi proprio per quel suo colore inimitabile ed unico, che ci spingeva a simpatizzare per lei.