Al tramonto degli Anni ’80, Alfa Romeo si appresta a rilanciare il proprio Marchio nel competitivo e non facile mercato nordamericano. L’Alfa Romeo 164 3000cc, infatti, è il modello di punta sul quale fa affidamento la Casa milanese per spingere e rimpolpare le tutt’altro che esuberanti vendite negli Stati Uniti. Grazie alla suddetta molla commerciale, l’Alfa Romeo intraprende un inedito, ambizioso programma sportivo, entrando nel campionato CART (Championship Auto Racing Teams), indimenticabile e rimpianta massima serie “made in USA” riservata alle monoposto a ruote scoperte. Un campionato che include – all’interno di un calendario che si snoda tra circuiti stradali permanenti, cittadini ed ovali – la leggendaria 500 Miglia di Indianapolis.
Alfa Romeo e i motori turbo: dalla F1 alla Cart [ prima parte ]
Il programma CART-Alfa Romeo segue il medesimo canovaccio messo in opera dalla Ferrari appena pochi anni prima, allorché la Casa di Maranello si accingeva ad entrare nella CART attraverso la nascita e lo sviluppo della Ferrari 637 e del motore o34. Un programma, tuttavia, abortito.
I tecnici Alfa Romeo guidati da Claudio Lombardi – storico nome legato alla attività sportiva Lancia tra gli Anni ’70 ed i primi Anni ’90, successivamente in Ferrari – approntano motore e monoposto sin dal 1988. Alfa Romeo si accorda con March – nobile e rinomato telaista inglese che può vantare una già vincente esperienza nella CART – e l’Alex Morales Racing, sino al 1988 impegnato in CART proprio con le March motorizzate Cosworth. Il Team Manager è Johnny Capels; Alex Morales morirà di cancro a fine 1988. Parimenti a quanto fatto dalla Ferrari pochi anni prima con Truesports, dunque, anche l’Alfa Romeo stringe alleanze con team già operativi e profondi conoscitori della CART.
Nel marzo 1989, Roberto Guerrero e Bruno Giacomelli svolgono alcuni test comparativi con le March 88C dell’Alex Morales Racing, ora spinte dal nuovo V8 Alfa Romeo. Si tratta per la precisione, secondo fonti attendibili, del telaio 88C-009. Questa vettura viene testata a Monza e al Mugello. La nuova March 89CE, frattanto, prende forma e vita. Rispetto alla precedente 88C, la nuova 89CE si distingue per i canali Venturi ridisegnati, un telaio dichiarato più sottile e rigido, un baricentro abbassato, una sospensione anteriore che ora presenta lo schema push-rod in luogo del pull-rod, una sospensione posteriore altrettanto rivista ed altri numerose aggiornamenti finalizzati ad accogliere il propulsore italiano. Il team è in possesso di due 89CE ed una 88C “ibrida”. Ad ogni modo, la 89CE si manifesta quale logica evoluzione della March 88C. Il debutto in pista, tuttavia, ritarda.
Finalmente, dopo aver saltato le gare di Phoenix, Long Beach, Milwaukee e la stessa Indy 500, ecco il tanto atteso debutto: il 18 giugno 1989 si disputa il Valvoline Detroit Grand Prix, sul circuito cittadino di Detroit. Roberto Guerrero si qualifica col 22° tempo, per poi concludere la corsa all’8° posto. È questo il miglior risultato in una stagione ampiamente deficitaria. In occasione della gara di Nazareth e, probabilmente, di Elkhart Lake-Road America, il team si affida ancora alla 88C anziché alla nuova 89CE. Guerrero racimola appena 6 punti, sufficienti per un non convincente 23° posto in campionato, in coabitazione con Fabrizio Barbazza (Penske-Cosworth Arciero Racing) e Davy Jones (disputa solo la Indy 500 al volante della Lola-Cosworth Euromotorsport). Alfa Romeo, dal canto suo e in virtù dei soli 6 punti raggranellati, termina in ultima posizione nella classifica riservata ai motoristi, alle spalle (e distaccatissima) di Chevrolet, Cosworth, Porsche, Judd, Buick.
La collaborazione tra Alfa Romeo e l’Alex Morales Racing si interrompe grazie alle pressioni della stessa March, la quale indirizza il motorista lombardo verso il matrimonio con il più competitivo Patrick Racing, in quegli anni legato alla neonata formazione capitanata da Chip Ganassi. “Pat” Patrick, fondatore del team e in odore di ritiro a fine 1989, torna sui propri passi abbracciando, nel 1990 e con una nuova squadra ormai separata da Ganassi, il progetto March-Alfa Romeo. All’indomani della gara di Mid-Ohio del 3 settembre 1989, March ufficializza la separazione tra la scuderia guidata da Johnny Capels e l’Alfa Romeo.
Il Patrick Racing, nella stagione CART PPG Indy Car World Series 1990, schiera il riconfermato Roberto Guerrero (non presente al Molson Indy Toronto) affiancato, solo in occasione della Indy 500 e della Marlboro 500 al Michigan International Speedway, dal veterano Al Unser. La vettura è la rinnovata March 90CA-Alfa Romeo (completamente nuova rispetto alla 89CE) disegnata da John Baldwin, la quale, tuttavia, verrà rimpiazzata – a partire dalla corsa in quel di Michigan – dalla Lola T90/00 disegnata da Bruce Ashmore. Grazie a questa vettura, Guerrero conquista un buon 5° posto proprio alla Marlboro 500 del Michigan. Ad ogni modo, anche la stagione 1990 si conclude senza particolari acuti. Guerrero totalizza 24 punti, che gli valgono il 16° posto in campionato. 5 punti sono ottenuti al volante della March 90CA, 19 della Lola T90/00. Il biennio 1989-1990 segna anche il confronto con Porsche, impegnata in CART dal 1987 e dotata, dal 1989, di specifici telai realizzati ad hoc e in esclusiva dalla March Engineering. Le March 89P (1989) e 90P (1990) – quest’ultima assai “rognosa”, caratterizzata dal non facile sviluppo e meno competitiva della valida 89P – motorizzate Porsche, infatti, surclassano le March 89CE e 90CA spinte dal V8 Alfa Romeo.
La stagione CART 1991, sebbene segni un netto passo avanti rispetto al biennio 1989-1990, non matura significativi incrementi in termini di risultati. La partnership con March si è interrotta nel corso della stagione 1990; nel 1991, dunque, il Patrick Racing si affida ai telai Lola, nella fattispecie alla T91/00, evoluzione della ottima T90/00 ed ancora disegnata da Bruce Ashmore. Danny Sullivan – nuovo pilota in seno al Patrick Racing – ottiene subito un incoraggiante 4° posto in occasione della Gold Coast Indy Car Grand Prix sul circuito australiano di Surfers Paradise (17 marzo 1991), gara che lo vede costantemente in lotta nelle posizioni di vertice. Il 2 giugno, invece, Sullivan è 5° alla bandiera a scacchi: la corsa è la Miller Genuine Draft 200, disputata sul Milwaukee Mile. Il pilota statunitense ottiene, in totale, sei piazzamenti nei primi dieci (tra cui il 10° posto alla Indy 500 del 26 maggio 1991); totalizza 56 punti, che gli valgono l’11° posto in campionato. Roberto Guerrero, al volante della Lola T91/00-Alfa Romeo Patrick Racing, disputa la sola Indy 500, conclusa con un ritiro dopo 23 giri di corsa. Il 9° posto colto da Danny Sullivan in occasione del Toyota Monterey Grand Prix (20 ottobre 1991), disputato sul tracciato californiano di Laguna Seca, chiude la non felice avventura della Alfa Romeo nella CART. Un campionato di difficile interpretazione, nel quale anche nomi prestigiosi e blasonati quali Porsche e Alfa Romeo hanno – per così dire – “sbattuto il grugno”. Il motore Alfa Romeo si rivela, nel complesso, inferiore alla concorrenza, specie in termini di affidabilità. Anche il passaggio alle vincenti Lola – telai di riferimento nelle stagioni 1989, 1990 e 1991 – non smuove in positivo una situazione che si era palesata già assai carente e stagnante nel periodo dei telai March.
Leggenda vuole che il V8 Alfa Romeo CART sia, nella sostanza, il V8 Ferrari 034 rimarchiato. In realtà, benché indubbiamente i tecnici guidati da Lombardi abbiano tratto ispirazione dall’unità realizzata a Maranello, si tratta di due progetti distinti.
L'”Indy” Alfa Romeo è un 8 cilindri in V di 90°raffreddato a liquido interamente realizzato in alluminio, con distribuzione a doppio albero a camme in testa e 4 valvole per cilindro (2 di aspirazione, 2 di scarico). Come prescritto dal regolamento, la cilindrata massima per questo tipo di motori è di 2650cc. Questo V8 è sovralimentato mediante un singolo turbocompressore (come da regolamento), fornito dalla Garrett AirResearch. Assente, come da regolamento, l’intercooler. Le misure di alesaggio e corsa sono pari a 86 mm x 57 mm. La potenza massima, a fine 1989, si attesta attorno ai 720-730 CV a 11,500-11,800 giri/minuto. La pressione massima di sovralimentazione è pari a 45 inHg (inch Mercury), equivalente a 1,52 bar. Il rapporto di compressione (elevato) è di 11:1, parametro che ci offre la misura di quanto i gloriosi motori CART alimentati a metanolo abbiano costituito, per i motoristi, una sfida tecnica solleticante, raffinata, affatto banale e del tutto particolare. Turbo sì, ma con alcune peculiarità tipiche degli aspirati. La capacità massima del serbatoio è di 151 litri (equivalenti a circa 40 US gallons). L’iniezione del carburante – indiretta: il carburante viene nebulizzato nei condotti di aspirazione anziché direttamente in camera di combustione – è affidata alla gestione elettronica Magneti Marelli e a due iniettori per cilindro. A differenza del V8 Ferrari – che presentava l’aspirazione all’esterno del V e lo scarico all’interno del V – il V8 Alfa Romeo presenta l’aspirazione all’interno del V e lo scarico all’esterno.
Inoltre, a differenza di altri motori CART coevi (ad esempio, l’Ilmor-Chevrolet ed il Porsche), il V8 Alfa Romeo impiega una singola valvola waste-gate (gli altri ne hanno due, una per ciascuna bancata). Il Turbo, tanto sulla 89CE quanto sulla 90CA e sulle Lola T90/00 e T91/00, è posto centralmente dietro al motore, in corrispondenza del cambio e “annegato”. Sulla 89CE, lo scarico della waste-gate ed il terminale di scarico vero e proprio – di forma piatta – a valle della turbina sfociano alla base dell’attacco centrale dell’ala posteriore. Questa zona è protetta mediante materiale refrattario. Sulla 90CA, invece, lo scarico della waste-gate – tagliato a fetta di salame – sfocia a valle del lato sinistro del cofano motore, in alto, sporgendo attraverso la carrozzeria. Il terminale di scarico (ancora dalla forma schiacciata), invece, soffia sul lato sinistro in corrispondenza dei bracci della sospensione e del semiasse. Sulle Lola, infine, scarico waste-gate e terminale di scarico sfociano piatti e bassi in corrispondenza della sospensione sinistra e del semiasse.
Nel 1991, il V8 Alfa Romeo “Indy” – continuamente sviluppato in varie versioni pur, tuttavia, senza mai trovare la “quadratura del cerchio” – presenta misure di alesaggio e corsa modificate, ora pari a 89 mm x 53,2 mm, ridimensionamento nelle intenzioni finalizzato al raggiungimento di più elevati regimi di rotazione, dell’ordine dei 12,000-13,000 giri/minuto. L’angolo tra le valvole verrà ridotto (da 25°) così fa favorire rapporti di compressione più elevati, le testate riviste così come l’intera fluidodinamica interna (condotti di aspirazione e scarico, dimensioni delle valvole), il peso del motore verrà ulteriormente e gradualmente ridotto attraverso diversi interventi su pistoni, bielle, albero motore, valvole e così via. La “forbice” ideale di utilizzo è compresa tra 7000 e 12,200 giri/minuto, la coppia massima si attesta attorno agli 8000 giri/minuto. Globalmente, il V8 Alfa Romeo palesa caratteristiche moderne (ad esempio, il controllo elettronico della waste-gate) ed anche le prestazioni sono ragguardevoli. Sullivan, tuttavia, lamenta una coppia “fiacca” ai bassi regimi.
La riprova della scarsa efficacia del V8 Alfa Romeo è offerta dalle mediocri prestazioni delle Lola Patrick Racing spinte da siffatto motore, inferiori alle gemelle motorizzate, anzitutto, Chevrolet, vetture capaci di dominare la scena CART di inizio Anni ’90.
In foto, il V8 Alfa Romeo CART. In evidenza il cassoncino di aspirazione sormontato dalla tipica valvola pop-off, i collettori di aspirazione, la disposizione del singolo turbocompressore e della sua waste-gate.
Qui, Roberto Guerrero posa con la bella ma non competitiva March 89CE-Alfa Romeo.
La bella March 90CA, fallimentare erede della 89CE, qui portata in pista da Al Unser nel corso della Indy 500 del 1990. Di seguito, particolari del motore installato a bordo della 90CA-003.
La carriera del V8 Alfa Romeo si esaurisce nel 1991, quando a portare in gara la Lola T91/00 del Patrick Racing è Danny Sullivan.
Scritto da: Paolo Pellegrini