Un pilota che è riuscito ad entrare nel cuore anche di chi non l’abbia mai visto correre dal vivo può essere definito “normale”? No, di certo. Gilles Villeneuve non lo era, “normale”, bensì “speciale”, molto speciale.
Così come Ayrton Senna. Anche lui non apparteneva alla sfera della massa, che traccia e poi definisce la cosiddetta normalità. A modo loro erano diversi dagli altri contro cui si battevano sui circuiti della Formula 1 per arrivare primi al traguardo. Ma erano anche profondamente differenti tra loro, per stile, modo di stare in pista e temperamento, pur essendo accomunati dalla stessa grinta, generosità e determinazione fuori dalla comune osservazione. Senza contare l’elemento che probabilmente li unisce maggiormente: l’affetto degli appassionati formulisti.
Non è azzardato affermare, infatti, che Gilles Villeneuve e Ayrton Senna siano stati i piloti più amati di sempre dal pubblico dei Gran Premi. Hanno trascinato folle enormi con le loro imprese e con il rispettivo modo di essere, unico, nel bene e nel male. In questo maggio che li ha strappati violentemente dal Circus, il destino ha anche accomunato la tragica fine di entrambi. Due incidenti, uno avvenuto l’8 maggio 1982 e l’altro il primo maggio 1994, che sono speculari nella paradossalità e nell’enorme rimpianto di essere stati assurdamente mortali. Il primo, tanto banale nella dinamica quanto imprevedibile nella rapidissima girandola di decollo e acrobazie che portò alla dipartita di Gilles. Il secondo, dodici anni dopo, altrettanto comune nello sviluppo iniziale (i crash al Tamburello di Imola non erano purtroppo una novità) e allo stesso modo incredibile per la successiva e sfortunata concatenazione di angoli di impatto e livello di decelerazione che mandarono in cielo Ayrton.
Lì dove i vari Berger, Piquet, Patrese e Alboreto vittime di incidenti apparentemente più gravi ne erano usciti un po’ ammaccati ma vivi. Villeneuve e Senna speciali anche nel momento più triste. Mai scontati perfino nella morte. Ma soprattutto sui campi di gara perché sono riusciti ad affascinare chi non ha mai assistito in diretta alle loro esibizioni. Semplicemente perché non ancora nato o troppo piccolo. Un elemento che li distingue da tanti altri campioni del volante, che invece hanno dovuto fare un passo indietro di fronte alle porte della mente e del cuore delle generazioni di appassionati apparsi in epoche successive. Nessuno come loro.