Cos’è l’individuo, il destino del singolo, quando la Storia, quella con la S maiuscola bussa alla porta in maniera così prepotente e cruda? Mentre troppe vite innocenti vengono spazzate via dai folli piani di Putin e altrettante cadono ancora sotto i colpi del Coronavirus, è difficile parlare dei singoli, specie se questi condividono la nazionalità con i carnefici dei nostri giorni.
La guerra in Ucraina colpisce anche il mondo dello sport, lo sottopone a una pressione, pari a quella delle istituzioni governative; d’altronde lo sport non è altro che una metafora della vita, un mezzo da caricare di significati e valori sociali e politici che vanno oltre all’agonismo.
Ecco che allora, come i governi, anche lo sport deve prendere delle decisioni: la FIFA deve escludere la nazionale russa dal Mondiale di calcio del 2022, La UEFA deve spostare la finale di Champions League da San Pietroburgo a Parigi e la FIA deve cancellare dal calendario il Gran Premio di Sochi.
Ineccepibile. La risposta del mondo della Formula 1 è stata rapida e compatta: piloti come Vettel e Verstappen hanno subito dichiarato la volontà di non correre in Russia, anche prima che la FIA cancellasse ufficialmente la tappa dal calendario. Una scuderia come Haas, che vive dei soldi dello sponsor russo Uralkali, ha deciso di abbandonarne la partnership, strappando in fretta e furia adesivi e bandiere russe dalla livrea della nuova VF-22.
Ma nella giornata del 28 Febbraio è successo di più, la FAU (federauto ucraina) ha chiesto alla FIA di revocare la licenza ai piloti di nazionalità russa.
A farne le spese in F1 c’è proprio il pilota della scuderia Haas, Nikita Mazepin. Qualora dovesse saltare il sedile di Nikita, Pietro Fittipaldi e il nostro Antonio Giovinazzi sembrano essere in pole tra i possibili sostituti.
Nessuno sentirà la mancanza di Mazepin, alla fine quel sedile l’ha conquistato grazie ai rubli del padre Dmitry, presidente di Uralchem (azienda che controlla la Uralkali).
A questo punto neanche il team principal di Haas, Günther Steiner, si rattristerà delle sorti del giovane Nikita, visto il divorzio dallo sponsor.
Bin Sulayem, il neo presidente della FIA, ha deciso di optare per la strada già intrapresa dal comitato olimpico dopo lo scandalo del ‘’doping di Stato’’ in Russia. I piloti russi infatti potranno continuare a gareggiare senza bandiera, inno e rappresentanza ufficiale.
Una scelta politica ragionevole, se non fosse che le federazioni nazionali (per ora Regno Unito e Svezia) iniziano già a mettersi di traverso.
Infatti qualora Mazepin dovesse mantenere il sedile della VF-22, non potrebbe correre a Silverstone, in quanto la Motorsport UK ha proibito la partecipazione di piloti russi e bielorussi alle competizioni motoristiche in Regno Unito.
Sponsor russi bloccati, disinteresse di altri sponsor a investire su piloti o team con piloti russi in rosa e federazioni nazionali che fanno blocco. Questo non può che portare all’esclusione naturale, anche se non obbligata, degli atleti russi dalla F1.
Il folle slogan di Mao Tse-Tung ‘’Colpirne uno per educarne 100’’, si ribalta in ‘’colpirne 100 per educarne uno’’ e il ‘’signor uno’’ è Vladimir Putin. Personaggio la cui spiccata sensibilità, siamo sicuri verrà toccata dal caso Mazepin…
L’assurdità del rapporto tra le istituzioni e lo sport, sta nel fatto che da un lato lo sport può essere usato per fare propaganda politica, ma dall’altro, nel momento in cui lo sport e la politica hanno un rapporto scomodo, allora si fanno ricadere i danni e le responsabilità della politica sulle spalle dello sport e degli atleti stessi.
Putin sfruttò un ritrovato consenso popolare generato dalle medaglie vinte all’olimpiade invernale di Sochi per attaccare la Crimea nel 2014. Questa volta ha nuovamente atteso la tregua olimpica per invadere l’Ucraina, o forse ha proprio meditato nella tregua olimpica il momento perfetto per assalire i dirimpettai ucraini.
Ciò ricorda, non troppo vagamente, il modo in cui gli antichi romani organizzavano giochi con gladiatori e leoni per distogliere l’attenzione dalle trame più oscure del senato.
Ecco, Mazepin non è né un leone né un gladiatore, ma è la lente che ci permette di sbirciare oltre il velo di ipocrisia presente nel mondo della Formula 1.
Un mondo dove passi da essere uno dei venti piloti più veloci del mondo a non essere nessuno solo per l’assenza di uno sponsor che possa sostenere la tua carriera.