E’ l’unico gran premio di Formula 1, insieme a quello d’Italia, ad esser sempre stato presente nel calendario di ogni singola stagione dal 1950 ad oggi. E’ un evento “must” di questo sport, è la culla della cultura automobilistica sportiva ed è un luogo del mondo dove la maggior parte dei team storici ed attuali sono nati e cresciuti: benvenuti a Silverstone, benvenuti al Gran Premio di Gran Bretagna.
L’edizione di quest’anno passerà alla storia come la prima dopo la già tanto discussa Brexit, ma queste sono curiosità che conservano più una sfaccettatura politica che sportiva. In occasione della gara di domenica, che si svolgerà sul tracciato storico di Silverstone, è giusto ricordare chi sono e chi sono stati i piloti britannici, per capire l’enorme successo e dell’immensa popolarità che godono non all’interno dell’albo d’oro di questo sport, ma anche nella storia più profonda della Formula 1.
Prima di analizzare alcuni tra i più grandi campioni targati UK, va fatta una premessa: i piloti britannici non vanno intesi soltanto come quelli di nazionalità inglese, ma vanno inclusi anche coloro che sono nati al di fuori dei confini dell’Inghilterra. Di conseguenza, tutti i piloti scozzesi e nordirlandesi vanno presi in considerazione (la stessa cosa andrebbe fatta anche per coloro che sono nati in Galles e nell’Isola di Man, ma tra questi solo Tom Pryce è riuscito a partecipare ad almeno una gara). Vanno estromessi da questo capitolo speciale soltanto i piloti nati nella Repubblica d’Irlanda, unico paese non facente parte della Gran Bretagna.
Nel corso della storia di questo sport sono stati più di 150 (168 per la precisione) i piloti britannici che hanno corso in Formula 1, e questo elevatissimo numero costituisce un record apparentemente irraggiungibile. Nessun altra nazione al mondo ha infatti sfornato un numero così alto di piloti. Con una cifra così, i sudditi della Regina al volante si sono quindi esposti alla rapida costruzione di altri record da frantumare: in quasi 70 anni di Formula 1, in ben 250 occasioni abbiamo visto un pilota britannico salire sul gradino più alto del podio, ed in altri 240 casi li abbiamo visti partire in pole position.
Non tutti i 168 piloti citati pocanzi sono passati alla storia per esser stati campioni memorabili, ma se si da un’occhiata all’albo d’oro del mondiale riservato ai “drivers” non si fa fatica a capire che una buonissima fetta di titoli vinti appartengono a britannici, ed alcuni di loro si sono concessi anche bis o tris mondiali nelle loro rispettive carriere. Alla fine i nomi riconducibili al Regno Unito “iridato” sono ben dieci: Mike Hawthorn, primo campione del mondo e primo vincitore di un gran premio britannico nella storia della Formula 1. Graham Hill, due volte campione del mondo (1962 e 1968) e padre di Damon, quest’ultimo campione con la Williams nel 1996. Il caso di Hill Junior è alquanto curioso, dato che nessun altro pilota è mai riuscito nell’impresa, in Formula 1, di laurearsi campione iridato così come aveva fatto precedentemente il padre.
Jim Clark, anch’egli vincitore del titolo in due occasioni nel 1963 e nel 1965, considerato da molti come uno dei talenti più cristallini che si sono visti sulle piste di tutto il globo.
John Surtees, campione nel 1964 ed altro personaggio storico e curioso: è stato ed è ancora oggi l’unico uomo al mondo ad esser riuscito nell’impresa di vincere un campionato sia nel Motomondiale che in Formula 1.
E poi c’è il grande Jackie Stewart. Scozzese dalla testa ai piedi, fino all’anno scorso è stato il campione del mondo britannico con il maggior numero di titoli vinti, con ben 3 successi (1969, 1971 e 1973). Il suo primato storico, dal 2015 è però condiviso con quello di Lewis Hamilton, oggi alla rincorsa del suo quarto sigillo dopo la corona d’allora indossata nel 2008, 2014 ed appunto 2015.
James Hunt, il pilota più ribelle e playboy tra lo squadrone dei britannici iridati, capace di ottenere la laurea di campione del mondo nel 1976 al volante della McLaren al termine di un’epica battaglia con il rivale Niki Lauda. La loro sfida, unica nel suo genere, è stata addirittura oggetto di grande interesse anche ad Hollywood, dove il regista Ron Howard si è messo in gioco per la realizzazione del film “Rush”.
Dal successo di Hunt inizia il periodo più buio dei piloti britannici, che nel corso di tutti gli anni ’80 non riescono a portare in patria un mondiale. L’unico che rischia più volte l’impresa è Nigel Mansell, il quale riuscirà a bissare il titolo soltanto nel 1992, quando la sua carriera stava quasi volgendo al tramonto.
Va ricordato infine il mondiale più sorprendente: nel 2009, al volante di una Brawn Gp priva di sponsor e di credibilità prima dell’inizio della stagione, è Jenson Button a laurearsi incredibilmente campione del mondo. Ancora oggi, pur avendo guidato per team più prestigiosi, il successo del 2009 è l’unico della carriera dell’inglese.
La Gran Bretagna è comunque terra rigogliosa di altri grandi talenti, che pur non entrando mai nel pantheon dei campioni del mondo, si sono fatti riconoscere dal grande pubblico per le loro vittorie.
E’ il caso di Tony Brooks, di Peter Collins (colui che cedette la propria vettura a Fangio rinunciando al titolo di campione del mondo in segno di grande rispetto per il maestro argentino), dello scozzese David Coulthard, di Peter Gethin (con un solo Gp vinto in carriera, esattamente come Innes Ireland), di Johnny Herbert, dell’eterno secondo Stirling Moss, e di due nordirlandesi come John Watson prima ed Eddie Irvine poi.
Inoltre, alcuni di questi campioni storici, sono riusciti a realizzare il sogno di qualsiasi patriota: vincere a casa propria, in Gran Bretagna, davanti al proprio pubblico. Una soddisfazione unica ed una gioia indescrivibile, la stessa che Jim Clark provò ben cinque volte nel corso della sua carriera. Una cinquina che lo ha di fatto consegnato come Re del Regno Unito.
Dietro di lui, in questa speciale classifica, segue Nigel Mansell, staccato solo di una lunghezza. Ma il secondo posto in solitaria del “Leone d’Inghilterra” potrebbe esser messa in discussione già a partire da questa gara. Se Hamilton dovesse vincere a Silverstone, il pilota britannico di origini caraibiche potrebbe infatti eguagliare il numero di successi di Mansell, mettendo così nel mirino il primo posto di Clark per il futuro. Considerata la giovane età di Hamilton, l’impresa potrebbe non avere il sapore amaro dell’utopia.
Nell’elenco di coloro che hanno vinto davanti a Sua Maestà la Regina, compaiono altri tre piloti, accomunati da due vittorie ciascuno in casa: da Stirling Moss e Jackie Stewart fino ai trionfi di David Coulthard.
Il Gran Premio di Gran Bretagna si è svolto in 66 edizioni, sparpagliate tra i tracciati di Silverstone (dove si è corso per la maggior parte delle volte), Brands Hatch ed Aintree. In questi autodromi si sono consumati anche i festeggiamenti per quei piloti di casa che hanno assaporato il successo tra le mura amiche soltanto una volta in carriera: Tony Brooks, Peter Collins, John Watson, James Hunt, Damon Hill e Johnny Herbert.
Nel campionato 2016 sono tre i piloti ufficiali, di cui due campioni del mondo e tutti e tre accomunati dalla nazionalità inglese: Hamilton, Button, ed il meno quotato dai bookmakers Jolyon Palmer.
Difficile prevedere chi sarà il vincitore a Silverstone, ma è comunque facile capire che l’asfalto di questo tracciato è alimentato a storia e tradizione automobilistica. Il passato targato “Made in UK”, a giudicare dal numero di campioni britannici che hanno popolato questo sport nel corso degli anni, fa già spavento così.