C’era una volta una Formula 1 in cui i piloti erano campioni in pista, ma dove prima di tutto contava il loro valore umano. Oggi, grazie al cielo, gli enormi passi in avanti effettuati nel campo della sicurezza ci consentono di assistere ai gran premi con la consapevolezza che il rischio di farsi male è drasticamente diminuito, anche se non del tutto scomparso. Gli americani sono soliti ricordare un aspetto essenziali delle corse con una frase: “Motorsport is dangerous”.
Il motorsport è pericoloso, certo lo è ancora oggi, ma mai quanto un tempo. In passato la probabilità di dover assistere ad un incidente molto grave, se non addirittura mortale, era altissima. Ci sono stati tanti lutti ed infortuni seri nel mondo della Formula 1, e non smetteremo mai di dimenticarli, ma fortunatamente anche episodi pericolosissimi che si sono risolti per il verso giusto.
Incidenti in cui i piloti, rimasti intrappolati o privi di conoscenza nelle loro vetture, sono stati salvati dai loro stessi colleghi, ancor prima dell’intervento dei soccorsi. E’ il caso di Niki Lauda, che riuscì a sopravvivere dal rogo del Nurburgring nel 1976 solo grazie all’eroico e tempestivo intervento di tre angeli con la tuta da gara ed il casco: Guy Edwards, Harald Ertl e soprattutto l’italiano Arturo Merzario. Ancora oggi la testimonianza più importante dei quei momenti drammatici è rappresentata dalle ustioni sul volto del tre volte campione del mondo austriaco, il quale, se i suoi tre colleghi non avessero rinunciato alla gara per soccorrerlo, molto probabilmente non sarebbe sopravvissuto.
Anni dopo, a Spa-Francorchamps nel 1992, sarà invece Ayrton Senna ad indossare i panni dell’eroe per salvare la vita di un altro pilota: il francese Erik Comas. A venticinque anni da quell’episodio, e nella settimana che ci porta al Gran Premio del Belgio, ripercorriamo quei momenti drammatici terminati con un lieto fine. Un incidente in cui emerse tutta l’umanità di Senna, in un periodo in cui in F1 il valore umano era percepito in modo diverso rispetto ad oggi.
Un incidente che, come andremo a vedere, sarà ricordato anche come un triste scherzo del destino.
Gp Belgio 1992: Senna salva la vita a Comas
Il 1992 è un anno piuttosto strano per la Formula 1. Ayrton Senna è il campione del mondo in carica, ma la sua McLaren-Honda, che solo l’anno prima viaggiava su altri binari, ora è in difficoltà. In un campionato segnato dall’assenza di Alain Prost, fermo per un anno sabbatico, e con le Ferrari sempre fuori dalla lotta per la vittoria, è la Williams-Renault di Nigel Mansell a dominare il mondiale. Senna fa tutto il possibile per difendere il suo terzo titolo mondiale, ma la lotta risulta subito ad armi impari.
E’ in questo contesto che il 28 agosto 1992 viene dato ufficialmente inizio al Gran Premio del Belgio, sul circuito di Spa-Francorchamps, “l’università della F1”. Un circuito meraviglioso, apprezzato da molti per i suoi tratti impegnativi misti a rettilinei lunghi e velocissimi.
In tutto questo scenario esaltante, Spa nasconde anche un lato più negativo, rappresentato dalla pericolosità: il primo a dover fare i conti con questa dura realtà è il pilota francese della Ligier Erik Comas, al suo secondo anno in Formula 1.
Considerato dall’opinione pubblica come un pilota di prospettive interessanti, Comas, nel corso della sessione di prove libere, va a sbattere violentemente a “Blanchimont”, perdendo i sensi. Essendo rimasto in stato di incoscienza, il piede del francese resta pericolosamente fermo sull’acceleratore, mantenendo così il motore al massimo dei giri. Il rischio è altissimo, in quanto il motore potrebbe surriscaldarsi ed esplodere. La situazione è resa ancor più seria dalla posizione della Ligier-Renault, che dopo l’impatto rimbalza in mezzo alla pista.
Il primo pilota a sopraggiungere sul luogo dell’incidente, qualche secondo dopo l’uscita di pista del francese, è proprio Ayrton Senna, il quale si accorge delle condizioni di Comas (con la testa appoggiata in modo innaturale all’interno dell’abitacolo) e della stessa vettura. A quel punto il brasiliano, non notando commissari di percorso o soccorritori, non ci pensa due volte, e ferma la sua McLaren a lato della pista. Senna si slaccia le cinture ed inizia a correre verso la Ligier, incurante del rischio che lui stesso corre: per raggiungere Comas infatti, Senna è costretto a percorrere a piedi un tratto del circuito in contromano, e per giunta in traiettoria con le monoposto.
Fortunatamente, il brasiliano riesce a schivare agevolmente una vettura (che tra l’altro procedeva a velocità molto bassa), e si precipita sulla vettura del collega, sistemandogli la testa e spegnendo il motore, scongiurando così il rischio potenziale di un esplosione.
In quel frangente, Senna dimostrò di essere, ancor prima di un campione eccezionale, un uomo ricco di valori profondi ed unici.
Anni dopo, intervistato dalla televisione transalpina, Comas ripercorse quegli istanti drammatici, ed ammise tutta la sua gratitudine verso Senna con una sola, toccante frase:
“Ayrton mi ha salvato la vita”.
Imola 1994: un destino maledetto
Comas, che in quel 1992 colse anche quattro punti prima dell’incidente in Belgio, terminerà la stagione ancora al volante della Ligier, salvo poi lasciare il team connazionale per approdare alla Larrousse nel 1993, squadra anch’essa francese.
Con la nuova monoposto, Comas conquista ancora un punto, e le sue prestazioni convincono i vertici del team a puntare su di lui anche per il 1994.
Anche la carriera di Senna intanto, seppur a livelli decisamente più alti, prosegue con un cambiamento cruciale. Dopo aver lottato ancora una volta contro le Williams nel 1993, per il 1994 riesce a strappare un accordo proprio con lo stesso team di Sir Frank Williams, lasciando la McLaren dopo sei anni di permanenza e tre titoli mondiali vinti (1988, 1990, 1991).
Mentre Comas inizia la stagione 1994 lottando ancora nelle retrovie, la situazione per Senna non è delle migliori. Designato da molti tifosi come candidato più forte per la conquista del titolo (trovandosi al volante della vettura teoricamente più performante), il brasiliano, nelle prime due gare, coglie due clamorosi ritiri, lasciando via libere alla Benetton dell’emergente Michael Schumacher, lo stesso che in quel week-end in Belgio nel 1992 vinse la sua prima gara in F1.
Senna è chiamato a riscattarsi da queste delusioni ad Imola, dove è in programma il Gran Premio di San Marino. Il fine settimana è però funestato da gravissimi incidenti: nel corso delle prove libere Rubens Barrichello è protagonista di un brutto schianto, dal quale ne esce con una frattura al braccio, mentre in qualifica si registra l’incidente mortale del debuttante austriaco Roland Ratzenberger.
Quasi tutti i piloti, compreso Senna, sono contrari allo svolgimento della corsa, ma la decisione della Federazione è presa: la gara si disputerà.
Ed è proprio nel contesto della gara, domenica 1° maggio 1994, che Ayrton Senna è vittima di una bruttissima uscita di pista alla curva del Tamburello.
Le condizioni del pilota brasiliano appaiono fin da subito gravissime e molto preoccupanti, e le impressioni troveranno una tragica conferma qualche ora più tardi, quando il cuore del tre volte campione del mondo si fermerà nel tardo pomeriggio all’ospedale di Bologna, all’età di 34 anni.
E’ proprio questo incidente che traccia un destino curioso e quanto mai crudele nella vita di Erik Comas. Proprio nel giro in cui si verifica l’impatto di Ayrton, il francese è fermo ai box per riparare un danno. Le operazioni di riparazione risultano più lunghe del previsto, e quando terminano Comas rientra in pista. Il problema fu che nessun rappresentante del team avvisò il pilota che la gara era stata interrotta per poter praticare soccorso a Senna, e che quindi era severamente vietato rientrare in pista.
Comas, non essendo consapevole dell’accaduto, imbocca il Tamburello ad altissima velocità, trovandosi davanti improvvisamente un “muro” costituito da mezzi di soccorso e commissari. Solo una violenta e tempestiva frenata evita il peggio.
Il francese, che in seguito verrà squalificato dalla gara per l’accaduto, scende dalla vettura e si ritrova, a qualche metro di distanza, il suo eroe steso a terra, immobilizzato dai medici che tentano con tutte le forze di rianimarlo.
Comas non può intervenire, ed è costretto ad osservare inerme alla scena straziante dei soccorsi sull’uomo che due anni prima gli salvò la vita, senza poter far nulla per salvarlo a sua volta.
L’episodio turba talmente tanto la coscienza del francese che egli stesso decide di lasciare la Formula 1. Solo Gerard Larrousse, proprietario dell’omonimo team, lo convince a proseguire almeno fino al termine della stagione, e così sarà.
Erik Comas abbandonerà la F1 subito dopo la conclusione del campionato 1994, con il nodo in gola per non aver potuto aiutare il suo eroe.
Sarà sempre e comunque grato a quell’angelo che di nome faceva Ayrton Senna, e come lui rischiava la vita ogni volta che si metteva al volante.