La notizia non può che far piacere: la Engine Developments Ltd. – Judd, per tutti – realizzerà un nuovo motore 10 cilindri in V di 72° aspirato (5500cc di cilindrata) da destinare ai Prototipi LMP1. Un gradito annuncio, speriamo supportato da un altrettanto rinnovato interesse da parte dei team privati e dei piccoli-medi costruttori impegnati nel World Endurance Championship.
La rinomata azienda motoristica fondata nel 1971 da John Judd e Jack Brabham, tuttavia, ha indissolubilmente legato il proprio nome anche alla Formula 1. I 10 cilindri Judd, nella fattispecie, compaiono per la prima volta nel 1991. La stagione dei motori aspirati di cilindrata massima pari a 3500cc è, frattanto, iniziata nel 1987, allorché tali, nuove unità vanno ad affiancare i motori turbocompressi di 1500cc. Dal 1988 al 1990, pertanto, la Judd realizza validi 8 cilindri in V di 90° e 76°; ci riferiamo alla serie CV, DV ed EV, i quali consentono a piccole scuderie di ottenere risultati soddisfacenti, spesso tanto esaltanti quanto clamorosi.
Nel 1991, ecco il GV. Si tratta di un 10 cilindri in V di 72°, distribuzione bialbero in testa e 4 valvole per cilindro, rigorosamente aspirato e di 3500cc di cilindrata, come da regolamento. Le dimensioni sono compatte: 624 mm di lunghezza, 555 mm di larghezza, 420 mm di altezza (trombette di aspirazione escluse). La potenza massima, all’apice dello sviluppo, supera i 700 CV. Il regime massimo di rotazione si attesta sui 13,000 giri/minuto, con picchi di 13,500-13,600 giri/minuto. A portare in gara l’inedito V10 inglese è la Dallara 191 BMS Scuderia Italia. La vettura – progettata da Gian Paolo Dallara e Nigel Couperthwaite e affidata a Emanuele Pirro e JJ Lehto – si rivela monoposto sincera, in grado di lambire in più occasioni la zona punti, ma al contempo poco affidabile. Lehto è 3° ad Imola, Pirro 6° a Monaco. Cinque punti totalizzati che issano la Dallara-Judd all’8° posto tra i Costruttori; Lehto chiude la classifica Piloti al 12° posto, Pirro al 18°. Nel medesimo anno, la Lotus 102B – condotta da Mika Hakkinen, Julian Bailey, Michael Bartels e Johnny Herbert – è dotata del V8 Judd EV: Hakkinen e Bailey conquistano rispettivamente il 5° e 6° posto al GP di San Marino, Imola.
Persa la Dallara (passata ai V12 Ferrari), nel 1992 i Judd V10 vanno a motorizzare le non competitive Andrea Moda S921 e Brabham BT60B. Nel 1993, scompare – almeno formalmente – il nome Judd dalle scene della Formula 1. L’azienda britannica, infatti, intraprende una collaborazione con la Yamaha, quest’ultima impegnata in F1 a partire dal 1989 (V8 e V12 per Zakspeed, Brabham e Jordan). Sulla base del Judd GV nasce lo Yamaha OX10A, V10 di 72° che nel 1993 va a spingere le Tyrrell 020C e 021 senza particolari acuti e risultati. La Tyrrell, infatti, nonostante l’impegno profuso da Andrea De Cesaris ed Ukyo Katayama, non riesce a marcare alcun punto mondiale. Una versione rivista e corretta dello Yamaha OX10A – denominata OX10B – offre alla Tyrrell l’opportunità di ritornare nelle posizioni di vertice. La 022 del 1994, curata da Harvey Postlethwaite, Mike Gascoyne e Jean-Claude Migeot, consente a Mark Blundell e Ukyo Katayama di conquistare ottimi risultati: il giapponese è 5° a Interlagos e Imola e 6° a Silverstone, l’inglese è 3° a Barcellona, 5° all’Hungaroring e Spa-Francorchamps. La Tyrrell totalizza 13 punti (7° posto nel Mondiale Costruttori), Blundell e Katayama si issano rispettivamente, con 8 e 5 punti in cascina, al 12° e 17° posto nella classifica Piloti.
Nel 1995 entrano in scena gli aspirati di 3000cc. Judd e Yamaha realizzano il nuovo OX10C, ancora V10 di 72°. A disporre di tale unità è la Tyrrell 023 curata da Harvey Postlethwaite e Mike Gascoyne. La bella, originale e ardita monoposto – provvista di sospensioni “Hydrolink” – si dimostra sincera, in grado di sfiorare, persino centrare, ripetutamente la fatidica zona punti: Mika Salo è 5° a Monza e ad Adelaide e 6° a Suzuka. Piazzamenti che fruttano 5, preziosi punti e che valgono alla Tyrrell il 9° posto tra i Costruttori e al bravo pilota finnico il 15° posto tra i Piloti. La partnership con Tyrrell prosegue anche nel 1996. Mika Salo e Ukyo Katayama portano in gara la 024, spinta dal nuovo Judd JV/Yamaha OX11A. Vettura sincera ma inaffidabile che, nelle mani del pilota finlandese, conquista nuovamente 5 punti iridati: Salo è, infatti, 6° a Melbourne e 5° a Interlagos e Monaco.
Il binomio Tyrrell-Judd/Yamaha si interrompe a fine 1996. Ed ecco che, nel 1997, è la indimenticabile Arrows A18 curata da Frank Dernie a ricevere il testimone. Sotto il cofano motore della slanciata monoposto si cela un rinnovato Yamaha OX11. Questo motore subirà importanti modifiche a stagione in corso, le quali produrranno un sensibile incremento di potenza pari ad oltre 20 CV. Annata iniziata in salita per Damon Hill e Pedro Paulo Diniz; tuttavia, dal GP del Canada, la Arrows A18 compie un notevole balzo in avanti in quanto a competitività ed affidabilità, consentendo al campione del mondo inglese e al pilota brasiliano di marcare vitali punti mondiali. Hill è 6° a Silverstone, 2° in Ungheria (ben 62 giri in testa su 77 previsti e vittoria sfumata ad un giro dal termine), Diniz è 5° in occasione del GP del Lussemburgo (Nürburgring). Nove, preziosi punti mondiali complessivi per la scuderia all’epoca gestita dalla TWR di Tom Walkinshaw.
Il GP d’Europa del 26 ottobre 1997 (Jerez de la Frontera) sancisce l’atto conclusivo della carriera dei 10 cilindri Judd/Yamaha in Formula 1. Un nuovo capitolo, frattanto, si era aperto all’alba degli Anni ’90. Nel 1992, infatti, i Prototipi Category 1 Lola T92/10 Euro Racing e Mazda MXR-01 (ossia, la Jaguar XJR-14 del 1991 ceduta al Mazdaspeed a seguito del ritiro del team Silk Cut Jaguar-TWR dal Mondiale Prototipi) sono spinti dal Judd GV10 (72°) di 3500cc aspirato. Inizia, così, il lungo cammino dei V10 (e successivamente V8) Judd nell’Endurance internazionale, palcoscenico nel quale l’azienda inglese saprà ritagliarsi un importante mercato, nonché conquistare importanti successi.
La speranza, ovvia, è poter rivedere i motori Judd anche in Formula 1. Una speranza, invero, attualmente remota ma che, in futuro, non escludiamo possa concretizzarsi in realtà. Le vie del Motore sono infinite…
Scritto da: Paolo Pellegrini