Sfatiamo da subito il più grande tabù del Gp di Monaco: “Impossibile sorpassare”. Non è vero perché nelle 76 edizioni (di cui 65 inserite nel Mondiale di F1) della gara di Monte Carlo i piloti hanno dato ampie dimostrazioni che ciò è possibile. È sicuramente complicato, molto più complicato rispetto a tutte le altre piste del Campionato ma fattibile.
A patto però che, rispetto alla monoposto da superare, si guidi una vettura dotata di un’elevata aderenza in curva, di un’ottima trazione in uscita dalle pieghe molto lente del Principato, di un’altrettanta bruciante accelerazione, di un’elevata cavalleria della power unit e che si scelgano, insieme, punto favorevole del tracciato e momento giusto. Sei elementi imprescindibili: tre dipendenti dalla macchina e due dalla sensibilità e abilità del pilota. Che poi si potrebbero ascrivere interamente alla sfera umana (eccetto la potenza del motore) in quanto ancora oggi, anche se non come accadeva molti anni fa, il pilota ha un’importante voce in capitolo sulla definizione del migliore assetto possibile. Ovviamente qui facciamo riferimento ai sorpassi in pista e non ai box, che sono ben altra cosa e attengono principalmente alle alchimie strategiche elaborate dal muretto.
Come sempre, avere la possibilità di spararsi tutte queste sei cartucce non garantisce al 100% la riuscita di una manovra di sorpasso ma la facilita. E poi oggi c’è sempre il grosso aiuto del Drs. Logico che trovandosi davanti una macchina dalle prestazioni del tutto simili a quella che si sta guidando non agevola le cose perché è più difficile avvicinarsi. A complicare ulteriormente le cose è stata la sofisticazione aerodinamica delle moderne F1, che le ha rese troppo sensibili e instabili quando sono in scia di un’altra vettura. Anche se i nuovi regolamenti introdotti quest’anno sono stati studiati proprio per ridurre il problema. Per chi fosse ancora scettico sulle reali opportunità di sorpasso che hanno i piloti a Monte Carlo, interviene la storia a convincerlo del contrario.
Per andare non troppo lontani con la memoria (visto che il Gp di Monaco esiste dal 1929) basta ricordare le bellissime infilate sul nastro d’asfalto che costeggia i box di Gilles Villeneuve a Riccardo Patrese e Renè Arnoux nel Gp del 1980, la prima delle quali all’esterno. Per non parlare dell’abile e spettacolare manovra del giovane Ayrton Senna su Niki Lauda sotto il diluvio nella memorabile edizione del 1984, nello stesso punto e anche in questo caso all’esterno. Il sorpasso di prepotenza di Jean Alesi con la Tyrrell sulla Ferrari di Prost nelle fasi iniziali della gara del 1990 nella discesa del Mirabeau. Quello altrettanto grintoso di Mansell sempre su Prost nel 1991 subito dopo il tunnel.
Ma ci sono stati anche tanti esempi di sorpassi non riusciti e di manovre finite malamente come quella di Piquet su Patrese nel 1985, di Schumacher su Alesi nel 1992 alla curva del Loews e, sempre qui l’anno successivo, di Gherard Berger in rimonta su Damon Hill. La particolare conformazione del circuito monegasco ha poi offerto altrettanto spettacolo nell’osservare un pilota difendere efficacemente la posizione nonostante una vettura meno prestazionale rispetto all’inseguitrice. Ne hanno fornito prova tangibile due piloti brasiliani. Ayrton Senna nel 1992, nei confronti del furioso ritorno di Nigel Mansell, nettamente più rapido con la Williams-Renault ed Enrique Bernoldi. Quest’ultimo, nove anni dopo nel 2001, alla guida dell’Arrows-Asiatech quando si oppose con grande tenacia e abilità alla pressione della Mclaren-Mercedes di David Coulthard per ben 33 giri. Da notare che tra queste due macchine, il sabato in prova, c’era stata una differenza di un’eternità sportiva: 3”906 su un tracciato di poco più di 3 chilometri.
GP MONACO F1 2019 – VIDEO