Il titolo dell’articolo contiene un punto interrogativo. E non è un caso.
I primi due Gran Premi della stagione 2022 di Formula 1 hanno tratteggiato uno scenario tecnico in gran parte inedito e profondamente mutato. A tenere banco è, soprattutto, la scarsa competitività della Mercedes F1 W13. Una monoposto insolita, coraggiosa, ardita. Forse troppo!
La F1 W13 mostra evidenti problemi, specie per quanto concerne l’ormai noto porpoising, il fenomeno di isteresi aerodinamica che ha colpito — chi più, chi meno — tutte le nuove wingcar F1. La monoposto affidata a Lewis Hamilton e George Russell non è ancora in grado di lottare con Ferrari e Red Bull per la vittoria. Riuscirà il team capitanato da Toto Wolff a trovare la quadratura del cerchio e risalire la china? Non possiamo saperlo con certezza, specie alla luce di un tetto di spesa che può rivelarsi determinante — in negativo — ai fini dello sviluppo.
Se al tetto di spesa aggiungiamo anche l’incancrenita mancanza di reali test in pista — male che affligge la F1 da tanti, troppi anni — ecco che tornare alla vittoria potrebbe essere, per Mercedes, un’impresa. Difficile, ma non impossibile, migliorare una vettura a stagione in corso.
Se da un lato Mercedes sembra (ribadiamo il “sembra”) frenata da un eccesso di complessità tecnica e da un ardito progetto di difficile armonizzazione e messa a punto in tempi rapidi, dall’altro abbiamo Ferrari e Red Bull che — certamente — non lesinano in quanto a soluzioni originali. A sfidarsi per la vittoria sono, infatti, due vetture molto diverse tra loro, le quali sposano filosofie e concetti assai distanti. Due diverse interpretazioni tecniche e progettuali intese, naturalmente, al raggiungimento del medesimo scopo: vincere.
Insomma, siamo di fronte ad un succulento rompicapo tecnico di ardua risoluzione. La Ferrari F1-75 sembra, nel complesso, una vettura relativamente più “semplice”, con forme più tradizionali e meno “estreme”. La Red Bull RB18-Honda, invece, presenta slanci tecnici sì sofisticati ma, probabilmente, più armonici e gestibili rispetto alla configurazione Mercedes. Anche Alfa Romeo/Sauber C42-Ferrari (nata sotto la direzione tecnica di Jan Monchaux) e Haas VF-22-Ferrari (progettata dallo staff diretto da Simone Resta) — vetture che hanno dimostrato una buona e inattesa competitività — palesano soluzioni semplici e funzionali. Lo stesso dicasi per la Alpine A522-Renault, vettura non meno interessante delle altre ma, certamente, più “convenzionale”.
Per contro, Williams FW44 e McLaren MCL36 (entrambe motorizzate Mercedes) sembrano palesare le medesime lacune della Mercedes: molti contenuti degni di nota ma, sinora, pochi frutti.
La storia della F1 trabocca di casi di vetture estreme che, sulla carta, avrebbero dovuto stracciare la concorrenza grazie a guizzi di innovazione fuori dell’ordinario.
Solo per citare il periodo delle wingcar (1977-1982), ricordiamo la Lotus 80, la Arrows A2, la Copersucar F6, la Arrows A3, la Lotus 88. E, andando al 1992 (in epoca di vetture a fondo piatto), come non ricordare la rivoluzionaria Ferrari F92A, descritta dai media (senza aver mai ancora messo le ruote in pista…) come “imbattibile” solo per le inedite soluzioni aerodinamiche sviluppate da Migeot.
Un déjà-vu lungo decenni: in tanti (ingenui e dalla memoria corta…), alla sola vista della vettura, si aspettavano una Mercedes F1 W13 imbattibile.
Che fare, dunque? Mercedes è ad un bivio: cercare di migliorare l’attuale vettura o proporre — rischiando — nuove soluzioni meno estreme ma più funzionali?
Come si evince, spesso, in F1, l’apparenza inganna. La eccessiva complessità, spesso, non paga. Sarà, questo, uno dei temi che animerà le cronache di questo mondiale.
A Brackley non si annoieranno. E nemmeno noi…