L’aveva annunciato Stefano Domenicali ai microfoni di Sky durante le Prove Libere del GP di Zandvoort: “Il Gran Premio di Monza è a rischio, gli organizzatori si devono svegliare!”.
Quella che inizialmente sembrava un’esagerazione, giustificata dall’idea diffusa che un mondo avido come la F1 spesso insegua il profumo del denaro in lidi esotici, si è tramutata in una affermazione chiarissima e sensata agli occhi di tutti quelli che, come il sottoscritto, erano in possesso del biglietto “Prato” del GP brianzolo.
Le immagini patinate della televisione (l’inno, le frecce tricolore, la marea rossa, le star e il paddock club) nascondono dietro le curve del tracciato un mondo: quello del prato, totalmente abbandonato a se stesso, con situazioni di totale anarchia, incompetenza e disservizi tali da mettere a repentaglio l’incolumità dei presenti e degli addetti ai lavori.
La macchina (dis)organizzativa dell’autodromo è riuscita nell’impresa titanica di far passare in secondo piano pure la follia della federazione, che ha inserito una gru in pista senza sventolare la bandiera rossa (un insulto alla memoria del compianto Jules Bianchi).
PIT WALK E FANZONE
Poter camminare a pochi metri dalle vetture, osservare le prove di pit stop e scrutare l’interno dei box, rappresenta per ogni appassionato di F1 un evento imperdibile, che rende già il giovedì una giornata speciale. Peccato che a pochi giorni dall’evento arrivi l’ufficialità: quest’anno non si terrà nessuna Pit Walk.
Nonostante la palese seccatura, la speranza e la passione ti portano comunque ad accedere all’autodromo per respirare l’atmosfera della Fanzone e per esplorare il tracciato accompagnati da una birra fresca. Ma la pagina social dell’autodromo avverte giovedì stesso che Fanzone e tracciato rimarranno chiusi fino alle prove libere. I sigilli della procura bloccano i lavori per “violazioni delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali”. La Fanzone non è pronta a ospitare i tifosi e alla fine non aprirà le porte prima della giornata di sabato. Peccato.
NAVETTE E TRENI
Le navette a pagamento della linea nera, preposte a coprire il percorso stazione-autodromo e viceversa, terminavano le corse di rientro alle 20:30, lasciando buona parte dei tifosi a piedi. Inoltre, la fermata si trovava a quasi un chilometro dall’ingresso dell’autodromo, in modo tale da incentivare tifosi stanchi e assetati ad acquistare prodotti e gadget negli stand esterni al circuito.
Arrivati in stazione la sera, la situazione poi non era quella di un deflusso sereno, ma di una vera e propria evacuazione.
La stazione di Monza completamente “militarizzata”, con i poliziotti che invitavano tifosi di qualsiasi nazionalità a prendere il primo treno (con o senza biglietto). Ad aggiungersi alla circostanza tragicomica ci si è messo anche lo sciopero di Trenord il venerdì. Nessuna responsabilità dell’autodromo chiaro, ma sarebbe stato carino avvertire sui social i tifosi, soprattutto quelli sopraggiunti dall’estero… chissà che fine avranno fatto!?
BAR E TOKEN
Per usufruire dei servizi del food&beverage dell’autodromo bisognava utilizzare dei gettoni da sala giochi: i fantomatici token, che andavano riscattati presso alcuni stand predisposti lungo il tracciato. Questa genialata da festa liceale ha creato code chilometriche, con tempi di attesa superiori ai 90 minuti, anche solo per cambiare il denaro, per poi accodarsi in un’ulteriore fila per poter ritirare l’agognata bevanda. E per scoprire infine, che alle 14 di domenica era già finito tutto, ma proprio tutto!
A pochi istanti della gara lo scenario è quello di un film post-apocalittico: banconieri fuggiti e stand presi d’assalto da alcuni tifosi che si spinavano le birre da soli e rubavano i fusti per usarli come spessori da utilizzare per vedere meglio il GP. Oltre al danno naturalmente la beffa: molti tifosi si saranno svegliati lunedì mattina con tantissimi token in tasca, perché ovviamente, neanche a dirlo, non erano rimborsabili. Pecunia non olet.
CONTROLLI E SICUREZZA
Un plauso enorme va fatto agli steward, ai banconieri, ai volontari e a chiunque abbia lavorato nel disagio di Monza, dei veri e propri eroi.
La loro incompetenza è niente di più giustificabile: ragazzini inviati al fronte senza alcuna istruzione, lanciati come “carne da macello” in un evento da 337mila persone imbufalite da una plateale inesistenza organizzativa.
I controlli invece miravano solo a svitare i tappi dalle temibilissime bottigliette d’acqua il venerdì, salvo poi ammetterle saldamente tappate sabato e domenica.
FOLLIA DOMENICALE
Bisogna fare chiarezza: il pubblico italiano non è peggio di quello inglese o di quello olandese, ma se concedi a quella percentuale fissa di animali maleducati di comportarsi da bestie, allora lo faranno. Questa è la differenza con l’estero: qui a Monza tutto è concesso.
Arrivare la domenica alle 7 di mattina in autodromo non basta per trovare un posto lungo il tracciato già stracolmo di tifosi. Rimane solo un piccolo fazzoletto di “terra promessa” sul Serraglio, poco dopo l’uscita da Lesmo 2.
Gli steward tengono i tifosi distanti dalle reti con un nastro bianco-rosso per permettere il passaggio di un’ambulanza, quando a 15 minuti dall’inizio della gara ecco il finimondo: nastro stracciato, posizione persa dopo otto ore e la pazza folla che si catapulta contro le recinzioni. D’altronde “Motorsport is dangerous”…
Lo steward ci guarda e ammette: “Cosa ci posso fare? Io devo difendere i miei ragazzi. E poi alla fine è andata anche bene: sulle tribune libere di Ascari si prendono a pugni da ore”.
POVERA MONZA
Dispiace per la storia, dispiace per il tracciato leggendario, ma quello che mi sento di dire è che Monza non merita la marea rossa e soprattutto non merita la Formula Uno.
Per esperienza personale circuiti come Spielberg e l’Hungaroring sono anni luce avanti al nostro tracciato di casa. La foga degli organizzatori di riempire all’inverosimile il circuito per gonfiare il petto di fronte alle affermazioni di Domenicali è stato un boomerang enorme. Basta farsi un giro tra i commenti sotto i post dell’autodromo per capire quanto sia diffuso il malcontento.
Rimangono i dubbi sulla permanenza della tappa italiana nel calendario 2023, ma per quanto mi riguarda, di dubbi non ne ho: un tifoso, a Monza, l’hanno già perso.