La triplice interruzione del GP d’Australia, con l’esposizione delle bandiere rosse, rimette la FIA sul banco degli imputati. Non è proprio andata giù agli appassionati e agli addetti ai lavori la decisione di una federazione che cerca in tutti i modi di sopperire artificialmente a un regolamento tecnico che per l’ennesima volta non è riuscito spontaneamente a dare i frutti sperati.
La sensazione è quella di una Formula 1 che naviga a vista, colpita a morte dalla genialità di Adrian Newey e dalla sua Red Bull RB-19, una vettura capace di affossare in partenza ogni presupposto di contesa al titolo.
Dato che è troppo semplice criticare quella che è diventata una serie tv a puntate, seduti sul divano, dovremmo chiederci piuttosto: “cosa vogliamo noi dalla Formula 1?”
NON CI VA BENE LA SPETTACOLARIZZAZIONE
Non ci va bene la Virtual Safety Car, non ci va bene la Safety Car, non ci va bene neanche la Bandiera Rossa, insomma non ci va bene nulla. Sembra che ogni decisione presa dalla direzione di gara, risulti comunque inadeguata ai fini del rispetto dei valori espressi in pista. Ed è giusto così, perché ogni critica e valutazione soggettiva è legittimata dall’assenza di uniformità, di coerenza e soprattutto di continuità da parte dei commissari di gara. Frutto anche di un regolamento contrastante nel suo essere a volte troppo puntiglioso mentre altre altamente interpretabile.
Ci siamo lamentati a Monza 2022, perché la federazione non ha interrotto la gara con la Red Flag di fronte alla presenza di un trattore in pista e sempre nel GP brianzolo ci siamo inviperiti per la chiusura dell’evento alle spalle della Safety Car. A Melbourne, alla fine, il risultato è stato lo stesso, la gara si è chiusa dietro la Safety Car, ma complice la seconda delle tre bandiere rosse esposte dalla direzione di gara (causa botto di Albon), considerata questa volta eccessiva, non sono neanche stati rispettati i valori in pista, con le Alpine e la rossa di Sainz a pagarne le conseguenze più pesanti. Insomma invertendo l’ordine dei addendi, sembra che il risultato non cambi affatto. Ma cosa vogliamo noi appassionati?
NON CI VA BENE LA FORMULA NOIA
Noi che se Verstappen vince la gara con minuti, ore, giorni di vantaggio siamo i primi a puntare il dito contro la “Formula noia” e quest’anno ancor di più, anche perché i reali valori in pista deprimerebbero ogni appassionato che non simpatizzi per Red Bull e Verstappen. E allora ci si lamenta dello scarso peso politico di alcune scuderie, ci si lamenta del budget cap, del regolamento tecnico e di qualsiasi cosa ostacoli lo spettacolo. Poi però siamo contro una competizione monomarca, contro il balance of performance, critici contro chi copia i disegni delle vetture dominanti. Siamo anche contrari a chi vuole abolire il Gran Premio di Monaco, dove sorpassare è un’utopia, perché “rappresenta la storia della Formula 1” o contro chi vorrebbe far fuori Monza, salvo poi lamentarci della pessima organizzazione dell’evento.
Non ci possiamo nascondere, questo è esattamente lo specchio di ognuno di noi e mi ci metto davanti in primis.
Innamorati quanto confusi di questo sport, gestito da manager meno innamorati di noi, ma sicuramente altrettanto confusi. La verità è che non è colpa del singolo direttore di gara, che sia Michael Masi o Niels Wittich, ma della Federazione e della Formula 1 stessa, che con Liberty Media ha voluto mettere mano al regolamento federale, spingendo verso la spettacolarizzazione di questo sport, salvo utilizzare però la FIA come parafulmine dalle critiche. Insomma il momento economicamente e mediaticamente più alto della Formula 1 sembra coincidere con uno dei picchi più bassi a livello di rispetto dello sport e della categoria. Aumentare le zone DRS e diminuire le prove libere non sono risposte all’altezza di un mondo ambizioso come quello del Circus, occorre sicuramente tracciare una rotta per mantenere e anzi incrementare i risultati sin qui raggiunti. Tracciare una rotta anche per noi appassionati, che in questo marasma finiamo per fare la figura dei vecchi lagnoni da bar.