Se qualcuno vi avesse detto anni fa che il circuito di Hockenheim sarebbe stato completamente modificato, forse avreste guardato la persona davanti a voi come se fosse un pazzo. Eppure, a partire dal 2002, questa ipotesi all’epoca assurda, oggi è maledettamente vera e sotto gli occhi di tutti. Analizzeremo infatti, quello che è capitato al vecchio, classico e bellissimo Hockenheimring.
Non racconteremo nel dettaglio storie di gran premi e o di edizioni entrate nella memoria degli appassionati, ma ripercorreremo insieme, non senza un pizzico di nostalgia, il valore che questo circuito ha rappresentato per i tedeschi e non solo. Hockenheim è un circuito che oggi esiste ancora ed ospita numerosi appuntamenti motoristici, ma dal 2002 la sua apparenza ed il suo disegno sono diventati sgraditi a molti. Perché? La conformazione attuale infatti, fatta eccezione per il tratto conclusivo della pista, non ha nulla a che vedere con il vecchio tracciato che lasciava tutti a bocca aperta per la sua bellezza. Situato nell’affascinante cornice della Foresta Nera, il vecchio Hockenheim era infatti costituito da lunghissimi rettilinei che sorgevano proprio nel bel mezzo del bosco. In mezzo agli alberi si poteva assistere ad uno spettacolo entusiasmante, con le vetture di Formula 1 che sfrecciavano ad altissima velocità facendo aleggiare il rombo dei motori nell’atmosfera naturale. Il tutto intervallato da alcune chicane artefici di grandi sorpassi in staccata. Con queste caratteristiche, Hockenheim si poteva tranquillamente definire un “tempio della velocità” insieme alla sorella italiana Monza. Da qualche anno a questa parte invece, quei lunghi e veloci rettilinei non ci sono più, rimpiazzati da un circuito che pare solo una grande offesa, un insulto, una bestemmia verso il suo grande passato.
Ancora oggi sono in molti a porsi questa domanda: Ma perché non si può ritornare al vecchio tracciato? La risposta però è tanto semplice quanto deludente: è impossibile.
Prima di spiegare il perché, è doveroso fare un passo indietro per capire le origini di questo circuito leggendario. Nei primi anni trenta infatti il sindaco di Hockenheim (cittadina situata a sud-ovest della Germania nel Land di Baden-Wurttemberg e a poca distanza da Mannheim) diede la sua personale approvazione per la realizzazione del circuito di Hockenheimring. All’epoca la distanza sul giro era pari a 12 km, e la conformazione del tracciato, che si snodava anche attraverso alcune vie cittadine, era triangolare. In questo contesto, nel 1935, l’Alfa Romeo di Tazio Nuvolari si rese protagonista di una vittoria sensazionale. Il mantovano infatti, al volante di una vettura italiana, riuscì a sconfiggere le potentissime Mercedes, sotto gli occhi imbarazzati di Adolf Hitler. Al termine dello stesso decennio però, per ridurre le vertiginose velocità raggiunte dai concorrenti, si decise di rivisitare completamente la pista. Grazie ad opere di disboscamento, i progettisti realizzarono infatti un tracciato molto simile a quello che conosceremo più avanti. Nel corso dei lavori viene realizzata, ad esempio, la famosa “OstKurve”. Sembra l’inizio di una storia travolgente, e di fatto lo sarà. L’entusiasmo però viene subito smorzato dal tragico avvento della Seconda Guerra Mondiale. Le competizioni vengono infatti interrotte per l’evento bellico, ed il tracciato subisce parecchi danni causati dallo continuo spostamento delle truppe alleate. Al termine del conflitto furono necessari parecchi interventi per riparare i danni, anche se ciò non consentì di annullare corse automobilistiche già dai primi anni ’50. Curioso notare che, nonostante la separazione della Germania in Ovest ed in Est, la denominazione del Gran Premio fu sempre riconosciuta ufficialmente come “Gp di Germania” e non di “Germania Ovest”, dove all’epoca si trovava Hockenheim nel 1970, anno in cui il tracciato ospitò la sua prima edizione dopo il “monopolio” del Nurburgring. Gli anni ’60 sono protagonisti di un ennesimo cambiamento della pista. In quel decennio infatti viene progettata la costruzione di un’autostrada, la quale però costringe ad una modifica del tracciato. La zona interessata al cambiamento è quella vicina al rettilineo del traguardo, ed è in questa circostanza che gli ingegneri sono obbligati ad inventarsi un tratto stranamente lento, ma spettacolare. Una volta usciti dalla foresta infatti, i piloti affrontavano una serie di curve a velocità contenuta, ma contornate da tribune dotate di una capienza invidiabile per un autodromo e molto simile ad uno stadio. E’ la nascita del “Motodrom”, che sarà teatro di volate verso la vittoria davvero memorabili, contraddistinte dal rumore delle trombette sugli spalti accompagnato dallo sventolio di numerose bandiere. Curiosamente, dal momento dell’introduzione del “Motodrom”, il senso di percorrenza della pista passa da anti-orario ad orario. Nonostante l’aggiunta di alcune modifiche negli anni successivi, il vecchio circuito ebbe di fatto la sua forma caratteristica a partire proprio da quel periodo. Su questa pista si sono versate lacrime di gioia, ma anche, purtroppo, di dolore. A causa delle elevate velocità raggiunte, Hockenheim è stato spesso palcoscenico di bruttissimi incidenti, alcuni dei quali disgraziatamente mortali. Qui infatti morirono due protagonisti della Formula 1. Durante una gara valida per il campionato di Formula 2, nel 1968 perse la vita in uno spaventoso incidente il campione Jim Clark. Anni dopo, stavolta in Formula 1, fu la volta del francese Patrick Depailler, che morì dopo un orrendo schianto con la sua Alfa Romeo. L’anno seguente fu Didier Pironi ad essere vittima di un gravissimo schianto. Il pilota francese sopravvisse, ma le sue gambe ne uscirono massacrate e fu obbligatorio il suo ritiro dalla Formula 1. Il 1982 fu quindi l’anno in cui Pironi chiuse l’esperienza in Formula 1, ma diventò anche l’occasione di vedere Hockenheim trasformarsi in un ring. In gara infatti, a pochi giri dal termine, il leader Nelson Piquet entrò in contatto con il doppiato cileno Eliseo Salazar, il quale chiuse colpevolmente la traiettoria al campione brasiliano mandando entrambi fuori pista. La reazione del pilota della Brabham fu tanto rabbiosa quanto epica. Sceso dalla macchina infuriato come non mai, corse subito da Salazar, sferrando due pugni in pieno casco davanti alle telecamere di tutto il mondo. Al di là delle risse e dello spaventoso incendio ai box durante il rifornimento di Verstappen nel 1994, Hockenheim è stato il luogo della consacrazione per molti campioni. Qui hanno infatti vinto le più grandi firme della Formula 1, da Jochen Rindt(il primo a vincere qui) fino ai successi dei fratelli di casa Michael e Ralf Schumacher. A volte però, il gradino più alto del podio è stato riservato a protagonisti inattesi. Nel 2000 per esempio, Rubens Barrichello andò a vincere il primo gran premio della sua carriera con una grande rimonta dal 18° posto in griglia, assistita anche da una clamorosa invasione di pista da parte di un ex operaio della Mercedes. Nel 2001 vinse Ralf Schumacher su Williams, ma da questa data il destino di Hockenheim cambia drasticamente per sempre.
Il circuito infatti, immergendosi per gran parte nella foresta, garantiva grande spettacolo per gli spettatori sulle tribune e per telespettatori, ma non per le pubblicità. La carenza di sponsor e di cartelloni presenti ai lati della pista spinse Bernie Ecclestone a compiere un atto che ancora oggi, per molti, rappresenta uno dei suoi errori più madornali di sempre. Hockenheim infatti venne completamente rivisitato, ed i suoi 6 chilometri di lunghezza vennero drasticamente ridotti a 4, realizzando così un mini circuito. Della parte vecchia rimase solo la sezione conclusiva, quella della SudKurve. Una volta usciti dalla prima curva infatti, al posto di scomparire tra gli alberi nel primo grande rettilineo, oggi i piloti devono frenare e percorrere una parabolica che, di fatto, taglia completamente il vecchio tracciato.
E da questo ci ricolleghiamo alla domanda di prima: ma perché non si può ritornare al vecchio tracciato?
E’ impossibile. Il vecchio tratto di pista, al posto di rimanere un’eccezionale testimonianza storica, è stato totalmente rimosso, ed al suo posto si è effettuata un’opera di rimboschimento (per la soddisfazione delle varie associazioni ambientaliste che da tempo lamentavano la presenza della pista che causava vari tipi di inquinamento). Il risultato è che oggi il classico Hockenheim mette i brividi solo a guardarlo. Le piante e la vegetazione generale cresciuta al posto del manto stradale è ancora troppo giovane rispetto agli alberi circostanti, presenti invece da più tempo. Per questo infatti, sia dall’alto che a livello del suolo, è possibile riconoscere la vecchia pista. La differenza sostanziale dal passato è che oggi, al posto dell’asfalto, c’è un manto erboso che fa sembrare Hockenheim come una “pista naturale”. Con il tempo, la crescita della vegatazione raggiungerà quella nelle vicinanze, e ciò che resterà del vecchio circuito rimarrà solo uno splendido ricordo, così come lo è già oggi.
Di fatto, oggi, il vecchio Hockenheim riposa nell’Olimpo della velocità, sepolto dalla stessa natura che lo aveva reso così mitico ed inimitabile.
Le uniche cose realmente visibili oggi sono soltanto due: qualche metro di asfalto rimasto ancora fisso tra la Senna-Chicane ed il Motodrom, e la lapide realizzata in memoria di Jim Clark nello stesso punto in cui il pilota inglese morì nel suo tragico incidente (alla terza chicane denominata successivamente “Senna-Chicane”).
I lavori di rimboschimento e di modifica sostanziale della pista furono appoggiati anche dal Land in cui si trova Hockenheim, ed è per questo che anche il nome dell’impianto è cambiato, ed oggi è riconosciuto ufficialmente come Hockenheim Baden-Wuttenberg.
Ma le sorprese non sono finite qui. La crisi economica del Gran Premio di Germania, che non si svolge più dal 2015, è in parte dovuta (ironia della sorte) anche per gli alti costi richiesti proprio per la realizzazione di quei lavori, che stuprarono e sconsacrarono uno dei luoghi più apprezzati dagli appassionati.
Nel frattempo, con il groppo in gola, non ci resta che dire “Auf Wiedersehen Hockenheim”, e grazie Bernie…